Sunday, 30 December 2007

Il raggruppamento degli ex combattenti è iniziato

Dei soldati Ivoiriani Lealisti (loyalistes) si sono ritirati sabato dall'ex linea del fronte, nel corso di una cerimonia a Tiébissou, nel centro del paese, sottolineando il rilancio del processo di disarmo degli ex combattenti conformemente a l'accordo complementare del 29 novembre.

Il presidente Laurent Gbagbo, il primo ministro Guillaume Soro, che è anche il leader dell'ex ribellione delle "Forces Nouvelles", così come il nuovo rappresentante del segretariato generale delle nazioni unite in Costa d'Avorio, il Sud Coreano, Jin Young Choi, erano presenti a questa cerimonia.

Tiébissou è l'ultimo avanposto delle forze armate nazionali della Costa d'Avorio (FANCI, loyalistes) sulla vecchia linea del fronte avendo separato le forze loyaliste e ribelli per più di quattro anni.

Al termine della cerimonia, la squadra dei FANCI, presente a Tiébissou, che è l'equivalente di una compagnia di 150 persone, si è raggruppata a Yamoussoukro, la capitale politica e amministrativa del paese, situata a una quarantina di km a sud di Tiébissou.

Un movimento simile ha avuto luogo a Djébonoua in zona ribelle dove le "Forces Nouvelles" (FN, ex rebellion) si sono ripiegate su Bouaké a nord a una ventina di km.

Il disarmo degli ex combattenti non ha mai avuto inizio prima d'ora sia per delle ragioni legate al modus operandi che per il futuro di questi ex combattenti, stimati circa 42000 persone per le FN e 5500 per i militari regolari.

Questo programma è stato rilanciato tramite un accordo complementare firmato il 29 novembre a Korhogo dalla parte presidenziale, le FN e la facilitazione.

L'Unione africana ha salutato venerdì, durante una riunione del consiglio di pace e della sicurezza, l'evoluzione incoraggiante della situazione in Costa d'Avorio.

Essa ha esortato ad un'accelerazione dei processi d'identificazione e di iscrizione delle liste elettorali in vista dell'organizzazione d'elezione generale, considerate come la vera chiave di svolta della crisi.

Friday, 28 December 2007

Niente cenone di Capodanno per i bambini del Darfur


(foto del New York Times)

Il nuovo rapporto dell' ONU non lascia spazio alle speranze, neanche in questi giorni di feste e celebrazioni: il 16,1% di bambini del Darfur sono malnutriti, contro il 12,9 % dell'anno scorso. Tra i 6 e i 29 mesi di età e nel Nord Darfur, i casi peggiori di malnutrizione. Il dossier ha confrontato i dati provienienti dai campi profughi, dove sono costretti a vivere oltre due milioni di persone, e dalle aree colpite dalla guerra.
In Darfur operano oltre 80 ONG e tredicimila operatori umanitari ma, nonostante il loro impegno e le enormi risorse finanziare messe in campo, le condizioni igieniche, la distribuzione dei viveri e le condizioni di sicurezza continuano a peggiorare, e si moltiplicano gli attacchi agli operatori umanitari, aumentati del 150%.
Mentre a Karthoum sfrecciano i SUV ei fuoristrada, i campi allestiti in Darfur si riempiono all'inverosimile di madri depresse e di bambini esangui.
Madri a cui è rimasta solo la forza di piangere la scomparsa dei loro figli.

Fonte: Italians for Darfur

Wednesday, 26 December 2007

Natale Africano

In Ghana il Natale è la festa che diventa occasione per andare a trovare parenti e amici che vivono in villaggi lontani. Il pranzo natalizio prevede riso, pollo, agnello e frutta. Nelle famiglie cristiane viene fatto l’albero, ma ovviamente non si tratta né di un pino né di un abete: il mango è quello più diffuso.

In Kenya le chiese cristiane vengono addobbate con fiori colorati, gli stessi che decorano gli alberi di Natale. Le famiglie si riuniscono per il pranzo, mentre i bambini girano di casa in casa chiedendo piccoli doni e dolcetti (tipo Halloween!). Il piatto tradizionale è il nyama choma, arrosto di capra.

In Sudafrica il Natale cade nel bel mezzo delle vacanze estive. Così il 25 di dicembre diventa una scusa per passare una giornata al mare.

In Zimbabwe, il giorno di Kisimusi (Natale) gli adulti regalano doni ai bambini. Il centro delle celebrazioni è il pranzo, che raccoglie molte famiglie intorno alla stessa tavola imbandita con porridge, arrosto, verdure e dolci.

Fonte: Blog Grandtour.


Monday, 10 December 2007

Web attivati!: 'Push out the war from Darfur!"


Diventa un Web attivista IB4D: aiutaci a fermare il genocidio in Darfur!

Vorreste aiutarci a creare un toolkit per il WEBATTIVISMO 2.0? Creare, diffondere, inseminare: scripts e widget che raccoglieremo per coinvolgere anche chi vuole "attivarsi" solo tramite internet per i diritti umani sul Darfur e le altre crisi umanitarie dimenticate (es. invio email, lettere). Se conoscete qualcuno che abbia il buon cuore di provarci, potreste indicarcelo o invitarlo a collaborare alla nostra iniziativa on-line?
Ad esempio ideare un contest per creare altri wallpapers come questo e diffonderli on-line. Intanto potete invitare i vostri amici e lettori a web-attivarsi per il Darfur, impegnandovi a dare notizie sul Darfur e le altre crisi umanitarie dimenticate tramite il vostro blog, firmando l'appello on-line e partecipando all'iniziativa "Io bloggo per il Darfur" (Italians for Darfur)

Sunday, 9 December 2007

Si è aperto ieri il summit Unione Europea- Africa: non si parlerà di Darfur

Yesterday was opened the European Union - Africa summit: Darfur's not in the agenda

Lisbona ospita da ieri il secondo vertice Unione Europea-Africa, a cui partecipano 70 capi di Stato e di governo dei due continenti. Parlamentari, scrittori e intellettuali europei e africani hanno lanciato numerosi appelli ai leaders europei affinchè si parlasse di Darfur e Zimbabwe. Anche 50 tra ONG e associazioni per i diritti umani, tra cui Italians for Darfur, hanno inviato una lettera di condanna per l'assenza del Darfur e dello Zimbabwe dall'agenda ufficiale del summit.

Al-Bashir e Mugabe presenti, Gordon Brown assente per non incontrarli. Cresce il sospetto che non si voglia parlare dei problemi più scottanti. L'Europa cerca, in sostanza, di recuperare terreno rispetto alla Cina, la più agguerrita concorrente in affari, che non pone domande e non pone vincoli. L'obiettivo, palesato da IlSole24Ore, è quello di riprendere in mano la situazione.

L'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, che condanna i ritardi della missione ONU in Darfur e l'atteggiamento ostativo del Sudan, cade nel vuoto: nessun Paese fornirà i 24 elicotteri necessari all'impiego della forza di pace ONU in Darfur. Un nuovo rapporto, che sarà presto presentato al Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU, denuncia inoltre che tra il 15 giugno e la metà di novembre ben 15 attacchi aerei e terrestri sono stati compiuti dall'esercito sudanese causando l'uccisione di centinaia di civili e lo stupro di altrettante donne.

Questo mese, Presidente del Consiglio di Sicurezza è l' italiano Marcello Spatafora. Scrivete a questo indirizzo per chiedere al Consiglio di Sicurezza ONU di dare una svolta alla crisi in Darfur (Fonte: Italians for Darfur):

Ambassador Marcello Spatafora
Permanent Mission of Italy to the United Nations
Two United Nations Plaza, 24th Floor
New York, NY 10017

Saturday, 8 December 2007

Epidemia di Ebola in Uganda

Ebola-spreading in Uganda

Negli ultimi giorni in Uganda si sono avuti almeno 23 morti e 93 infettati a causa del virus Ebola, una febbre emorragica altamente contagiosa, in particolare nella zona occidentale dello Stato.

L'ultimo morto è di ieri e viveva nel distretto di Bundibugyo, centro di 250000 abitanti ed epicentro del contagio. In quella zona centinaia di persone sono sotto osservazione secondo Sam Okware, del Ministero della Salute del Paese (foto in un articolo dell'agenzia AFP).

Thursday, 6 December 2007

Verona. I diritti non li concede nessuno: i diritti si strappano!


Una manifestazione con cinquecento tra migranti, precari, cittadini. L’indignazione contro il razzismo, la reorica securitaria che vuol bandire i poveri dalla città, il silenzio dietro il quale si vorrebbe costruire una città del terrorismo e dell’insicurezza. Non solo una battaglia dal basso per i diritti negati, ma una presa di parola che riappropria il centro cittadino al protagonismo dei migranti.

Un presidio partecipato, innanzitutto. E poi un confronto secco con l’amministrazione leghista e fascista della città, con le agenzie immobiliari che rifiutano la casa ai migranti, con la polizia. Dopo una serie di interventi al microfono in cui è stato espresso il vissuto di rabbia dell’immigrazione, l’impossibiltà di trovare casa e poi la contraddizione tra la centralità del lavoro migrante nella produzione di valore nel ciclo dell’economia del nordest e il suo disconoscimento sociale, alcuni migranti si sono incatenati al comune respingendo i cordoni della polizia, aprendosi lo spazio, imponendo un incontro al prefetto. La rivendicazione della sicurezza nel rinnovo del permesso di soggiorno. Il rifiuto del controllo continuo e accanito delle guardie municipali, autentica polizia privata di Tosi, il diritto alla casa. Alla salute. Ad una vita dignitosa.

Hanno partecipato al sit-in anche: csoa la chimica, pink, sinistra critica

Già alle 15.30, trecento persone iniziano a presidiare la piazza.
Si susseguono interventi al microfono tra migranti e realtà di movimento. Vengono fatte ascoltare pubblicamente le telefonate alle agenzie immobiliari.
Si chiede un incontro immediato con il Prefetto per ottenere:
-la proroga del vecchio permesso di soggiorno fino alla consegna del nuovo permesso;
-la cancellazione delle delibere AGEC che rendono più difficile agli immigrati l’accesso alla casa pubblica;
-la cancellazione della delibera comunale che ha alzato di nuovo i parametri per l’idoneità dell’alloggio;
-l’immediato stop di tutte le azioni della polizia municipale contro gli esercizi commerciali degli immigrati e contro gli ambulanti.

Alle 17 il prefetto rinvia l’incontro a lunedì: i manifestanti, decisi a non cambiare le proprie richieste, scelgono di incatenarsi davanti al comune. Tensione con la polizia che cerca di impedirlo.

Dopo mezz'ora il Prefetto accetta l’incontro ed una delegazione si reca in Prefettura.
Il prefetto accetta di aprire un tavolo di trattativa. (tratto da: global project)

Friday, 30 November 2007

Verona: immigrati in piazza

Migrants' demonstration for the housing right tomorrow in Verona

Una
manifestazione in Piazza Brà domani alle 15, contro le politiche che il sindaco-sceriffo Tosi e altri primi cittadini sceriffi delle città venete stanno attuando nei confronti degli immigrati.

È l’iniziativa delle associazioni migranti locali, che contestano l’ordinanza comunale che ha alzato i parametri per l’idoneità all’alloggio: l’agenzia veronese per gli edifici comunali, l’Agec, ha stabilito una maggiorazione di punteggio di 4 punti a favore dei cittadini italiani residenti nel comune di Verona da almeno vent’anni, escludendo di fatto gli stranieri dall'assegnazione delle case popolari. Il comune sta inoltre promuovendo indagini preventive per verificare reddito, idoneità per l’alloggio, pericolosità sociale per poter autorizzare l’iscrizione all’anagrafe del richiedente, con il dichiarato intento di disincentivare gli stranieri a presentare domanda. Una tendenza seguita anche in altri comuni veneti, a partire da Cittadella e Treviso.

Il Coordinamento Migranti di Verona accusa l’amministrazione veronese di discriminazione, ed ha presentato in Procura un esposto-denuncia nei confronti delle politiche di Tosi e dalla sua giunta, ritenute lesive del diritto alla casa (Nigrizia.it)

Thursday, 29 November 2007

16 giornate di attivismo on-line per il Darfur

16 days of action

Italian Blogs for Darfur aderisce alla campagna on-line "16 days of action" di Globe for Darfur.
Per i prossimi giorni, a cavallo tra la Giornata Internazionale per l' eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) e la Giornata Internazionale per i Diritti Umani (10 dicembre) proporremo un' azione al giorno in favore dei diritti umani in Darfur.
Durante questo periodo chiederemo al nostro Governo, agli organismi internazionali, alle società e alle nostre comunità, di agire per il Darfur.

Agisci ora!

Chiedi al Comitato Olimpico italiano di fare pressioni sulla Cina, che opiterà i giochi estivi del 2008, affinchè convinca il regime in Sudan a consentire una robusta forza di protezione dei civili in DARFUR.

Monday, 26 November 2007

Kenya: violenze della polizia

Questo week-end l'Oscar Foundation Free Legal Aid Clinic in Kenya ha pubblicato un rapporto secondo il quale la polizia kenyota avrebbe torturato ed ucciso 8040 persone della setta dei mungiki.
Inoltre dal marzo 2002, quando almeno 20 persone vennero uccise durante gli scontri tra la violenta setta dei mungiki e una gang rivale, sarebbero sparite almeno altre 4070, viste l'ultima volta nelle mani della polizia. La setta ha forti nessi politici e quella attuata sembra essere una violazione sistematica dei diritti umani, mentre la polizia nega ogni addebito.

Sunday, 25 November 2007

Voci disperate dallo Zimbabwe

Zimbabwe: voices from a basket case

"Abbiamo aspettato il pane per circa due ore in una lurida strada dietro un supermercato. È mezzogiorno, il sole incendia la cinquantina di persone in fila, mentre tre poliziotti passeggiano sul lato anteriore. Lo scontento fermenta tra coloro che aspettano come un temporale.
In Zimbabwe, ove l'inflazione galoppante ha raggiunto quota 7.900 per cento e la gente usa tutti i risparmi per comprarsi da mangiare, la vita si è ridotta a questo: la coda."

Moses Moyo

"Dopo una prolungata siccità e una brevissima stagione delle piogge lo Zimbabwe affronta oggi gravi problemi di scarsità idrica. Parti di Bulawayo sono senza acqua: si può vivere in una casa moderna con un bellissimo bagno, con solo un filo d'acqua che esce una volta alla settimana dal rubinetto."

Shona Tiger

"Al Chicken Inn due ragazzi di strada stavano implorando del cibo da una grassona. La donna li guardò torvi, avvicinandosi il cibo, urlando alla guardia di passaggio "vieni a fare il tuo lavoro". La guardia, ugualmente affamata, usò il bastone su uno dei monelli, ma essi tornarono subito con altri quattro. La guardia non poté più niente e i sei sciamarono sul tavolo della donna. Lei si alzò, inveendo contro i ragazzini e stringendosi i pezzi di cibo al seno. Sorprendentemente, continuò a mangiare, ignorando i suggerimenti della guardia, che la invitava ad andare dentro a mangiare. Allora un nutrito gruppo di ragazzi di strada la circondò, arraffando tutto, anche il pezzo di cibo che teneva in bocca."

Natasha Msonza

(Articolo completo con stralci di altri blogs su indipendent.co.uk)

Saturday, 24 November 2007

Somalia: “Una catastrofe umanitaria”

Davide Bernocchi, dal febbraio 2006 responsabile di Caritas Somalia, parla al telefono da Baidoa, sede del parlamento somalo. Il suo è un osservatorio privilegiato per raccontare il dramma che da mesi affligge il Paese, ove gli scontri tra opposte fazioni (militari etiopici e filo governativi da una parte ed estremisti islamici e clan ribelli dall’altra) stanno affossando ogni speranza di ridare un minimo di organizzazione a un paese senza una stabilità dai primi anni ’90.

«Dall’inizio dell’anno più o meno un milione di persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni per rifugiarsi in aree di per sé già disastrate o non adatte a sostenere queste ondate di popolazione». C’è perfino difficoltà a distribuire beni e aiuti di prima necessità. «Verso la fine di ottobre 40 ong si sono fatte portavoce di queste difficoltà, firmando un appello in cui si afferma come le ong abbiano sempre meno accesso libero a chi ha bisogno di aiuto».
Un aspetto che preoccupa, oltre alla massa di persone che non ha di che sfamarsi, è anche il gran numero di militari che da mesi non sono pagati e che arraffano ciò che trovano sulla loro strada, spesso con la violenza. Ora anche chi lavora nell’umanitario si aggrappa a una speranza: il cambio della guardia al governo somalo, con il colonnello Nur Hussein Hassan che ha sostituito Ali Mohamed Gedi come primo ministro. «Questo nuovo primo ministro è stato presidente della Mezza luna somala. La speranza è che dalla logica delle armi sappia orientare l’azione del governo sulla guerra umanitaria», l’auspicio di Bernocchi. "Gli organismi internazionali non intervengono. Forse molti aspettano che governo e ribelli riescano a risolvere i loro problemi per affrontare il tema dello sviluppo e della ricostruzione del paese" (l'articolo completo su Nigrizia).

Friday, 23 November 2007

Thursday, 15 November 2007

In Somalia il Governo chiude gli organi di informazione

Somalia: Government shuts down Media Groups

Il Governo, negli ultimi due giorni, ha ordinato la chiusura delle emittenti somale Radio Shabelle, Simba e Banadir, che si aggiungono agli altri organi di informazione costretti a interrompere l'attività giornalistica. È un ulteriore segnale della crisi che si aggrava di giorno in giorno nel Paese africano.

“I giornalisti somali sono in continuo pericolo. Sia che scrivano contro il governo che contro gli insorti vengono minacciati di ripercussioni. La chiusura di quasi tutte le voci indipendenti del panorama editoriale conferma che la libertà di stampa è a rischio” ha detto Said Tahlil, direttore di Radio Horn Afrik all'agenzia Misna. “Ci aspettiamo che arrivino da noi da un momento all'altro anche perché non è chiaro con quali accuse abbiano stabilito la chiusura degli altri organi d'informazione”.

Con l'uccisione di otto giornalisti, incluso Bashir Nur Gedi, ex direttore di Radio Shabelle, e la chiusura progressiva dei mezzi d'informazione, la Somalia - secondo le stime delle organizzazioni internazionali - è diventato il secondo paese più pericoloso al mondo per i giornalisti, dopo l'Iraq. Oggi, il sindaco della capitale, Mohammed ‘Dheere' ha detto che “le emittenti sono state chiuse perché non avevano i permessi necessari”, accusandole inoltre “di aver attentato alla sicurezza nazionale con i loro servizi spesso gonfiati e inattendibili”.

Forte preoccupazione è stata espressa dalla Rete somala dei difensori dei diritti umani (Sohriden), che ha invitato il governo a proteggere la libertà di stampa. Oltre alle pressioni politiche e alle ripetute chiusure, recentemente si sono moltiplicate le minacce di morte contro alcuni giornalisti, molti dei quali hanno cercato di fuggire all'estero. “Così non possiamo andare avanti, e a pagarne il prezzo più alto è, ancora una volta, la popolazione – ha concluso Tahlil – che vede spegnersi una dopo l'altra le voci indipendenti nel paese”. Quattro emittenti radiofoniche, Horn Afrik, Holy Quran, Somali Weyn, e Voice of Democracy, hanno ancora il permesso di lavorare a Mogadiscio, ma fonti locali sostengono che i giornalisti abbiano cominciato ad autocensurare i servizi, omettendo le notizie degli scontri e delle vittime provocate dalla recrudescenza del conflitto tra insorti e soldati somali ed etiopici (vita.it).

Medaglia d'oro al valor civile per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Legion of Merit for Ilaria Alpi and Miran Hrovatin

Lo ha comunicato oggi il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nel corso di un incontro tenutosi al Quirinale.

La giornalista Ilaria Alpi e l'operatore Miran Hrovatin furono uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 durante un agguato.

Ritardi nello spiegamento della forza ibrida ONU-UA

The deployment of the UN-AU force in Darfour will be delayed

Lo spiegamento della forza ONU-UA in Darfur verrà probabilmente ritardato, perché non disporrebbe ancora della mobilità aerea e di unità speciali indispensabili, secondo un alto responsabile ONU (Jeune Afrique).

Burundi: un governo per mettere fine alla crisi politica

Burundi: a government of consensus as a step forward on the Peace Process

Il Presidente della Repubblica del Burundi ha annunciato mercoledì a Bujumbura la formazione di un nuovo governo, che comprenderà due membri dei partiti dell'opposizione.

Questo governo tenterà di mettere fine alla crisi istituzionale che dura da diversi mesi, a causa della mancanza di una reale maggioranza per il Presidente. Egli aveva proposto alcuni progetti di legge che l'Assemblea Nazionale non approvava. Il Burundi potrà ora avere una nuova chance di riuscire, magari anche a mettere fine alle violenze (Rfi).

Monday, 12 November 2007

Proseguono i disordini in Somalia

Violences in Mogadishu

Scontri, azioni di polizia e civili in fuga a Mogadiscio, dove non si ferma la guerriglia urbana tra le truppe di Addis Abeba, sostenute dalle forze somale, e le milizie delle deposte Corti islamiche. Le violenze degli ultimi giorni hanno causato la fuga in massa da diversi quartieri della capitale, mentre nella zona del mercato di Bakara e' continuata anche nel weekend l'operazione militare lanciata dai soldati etiopi per scovare i depositi di armi dei militanti ribelli. Intanto l'Unione europea ha lanciato l'ennesimo allarme per gli sfollati, che attualmente sono almeno 114.000. Testimoni oculari parlano di abusi ai danni dei civili, spesso intrappolati tra due fuochi e impossibilitati alla fuga. Inoltre, per l'ottava volta dall'inizio del 2007, il governo ha chiuso 'Radio Shabelle', una delle principali emittenti radiofoniche somale, perche' ritenuta troppo vicina al fronte antigovernativo. (vita.it)

Saturday, 10 November 2007

Eritrea: espulsi 14 missionari

Eritrea: 14 missionary expelled

Tecnicamente, il governo di Isaias Afwerki non ha rinnovato loro i permessi. Tra di essi, 6 comboniani (4 sacerdoti e due suore). Dovranno lasciare il paese il prossimo 16 novembre (un missionario e una suora sono già in Europa e non potranno più rientrare ad Asmara). Ignote, al momento, le ragioni ufficiali di questa scelta.
Per l’ex sottosegretario agli esteri, Alfredo Mantica, (la cui interrogazione parlamentare urgente verrà discussa lunedì) «l’espulsione rappresenta un atto di protervia sul quale l’Italia e la Comunità internazionale hanno l’obbligo di interrogarsi. L’Italia deve fare pressioni politiche e richiamare l’attenzione internazionale per conoscere quali contestazioni sono state richiamate nell’ordine di espulsione e quali giustificazioni sono state invocate per motivare l’espulsione».
La scelta di cacciare i missionari s’inserisce in una politica di Isaias tesa ad allontanare dal paese tutti gli occidentali. Politica che ha coinvolto pesantemente anche molte organizzazioni non governative (italiane in particolare) e alcune agenzie internazionali, invitate a lasciare il paese.
Un possibile riaccendersi del conflitto con l’Etiopia complica ulteriormente un quadro politico e sociale già compromesso (Nigrizia.it).

Thursday, 8 November 2007

Omar el-Béchir visita Mbeki

The Sudanese President visit Mr. Mbeki, the South-African President

Si è parlato di Darfur ieri a Città del Capo in occasione della visita del Presidente sudanese Omar el-Béchir (foto) che ha affermato in presenza di Thabo Mbeki che il Sudan auspica un maggior contributo del Sudafrica in seno alla missione AMIS dell'Unione Africana (UA), che verrà rimpiazzata dalla forza ibrida ONU-UA. I due capi di Stato hanno affermato l'urgenza dello spiegamento di quest'ultima. (Rfi)

Wednesday, 7 November 2007

Tunisia: 20 anni di assolutismo con Ben Ali

Tunisia: 20 years of absolute power for Ben Ali

Il 7 novembre 1987 Zine El Abidine Ben Ali, appena nominato Primo Ministro, eliminato politicamente per 'vecchiaia' il padre dell'indipendenza tunisina, Habib Bourguiba, prese il suo posto. Vent'anni dopo, l'economia tunisina è migliore rispetto a quella degli altri Paesi del Maghreb, ma la chiusura politica, l'assenza di libertà e la repressione dei diritti dell'uomo suscitano numerose critiche.

Ben Ali è stato rieletto nel 1994, nel 1999 e nel 2004 con percentuali bulgare, grazie anche ad una modifica della Costituzione che gli ha permesso di correre per il terzo mandato.

In vent'anni ha costruito un sistema di potere tentacolare, in nome della lotta al terrorismo e l'integralismo. Dopo gli islamici, l'apparato repressivo si è scagliato contro la società civile e gli intellettuali.

Sul piano economico il Paese naviga in ottime acque. Circa l'80% dei tunisini ha una casa di proprietà, una macchina e manda a scuola i figli. La crescita dei prezzi ha portato alla crescita della disoccupazione e la povertà, terreno di coltura del terrorismo, colpisce mezzo milione di persone. Relativamente risparmiato fino ad ora il Paese ha affrontato a fine 2006 dei violenti scontri a Sud di Tunisi tra le forze di sicurezza ed un gruppo di islamici salafiti, finiti con 14 vittime e decine di arresti.

Il Presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali sostiene che nel Paese non esiste la tortura, al contrario di ciò che affermano i rappresentanti delle associazioni tunisine a difesa dei diritti dell'uomo. (Rfi)

Mauritania: tragedia di immigrati clandestini

Mauritania: migrants' tragedy

Almeno 42 clandestini (
Reuters), la maggior parte senegalesi, sono morti di stenti al largo delle coste della Mauritania, nel tentativo di raggiungere le Canarie, a causa dell'avaria del motore dell'imbarcazione su cui viaggiavano. L'immigrazione clandestina è uno dei fenomeni che provocano più morti in Africa occidentale (foto di repertorio, sulle traversate Mauritania - Canarie).

Sarebbero partiti in 140 da Ziguinchor, nel sud del Senegal. Il gruppo era formato da senegalesi, gambiani e maliani. Secondo i racconti dei sopravvissuti si sarebbe verificato un guasto ed il capitano del battello sarebbe morto annegato nel tentativo di riparare il guasto. I migranti sono rimasti alla deriva per ben 19 giorni.

L'imbarcazione è stata recuperata a La Guerra, un porto mauro, poco a Nord di Nouadhibou, quasi al confine con il Sahara Occidentale. Le autorità maure hanno recuperato i sopravvissuti ed i corpi delle vittime che erano ancora nell'imbarcazione. Un altro immigrato è morto dopo il salvataggio ed altri 4 sono morti all'ospedale di Nouadhibou.

Martedì 30 ottobre i sopravvissuti si trovavano ancora a Nouadhibou, in un centro d'accoglienza e sarebbero stati rimpatriati entro 48 ore. (Rfi).

Tuesday, 6 November 2007

"Io bloggo per il Darfur": il volto e..il blog di chi ha a cuore il Darfur

My blog is for Darfour

Spesso non sono sufficienti le parole per denunciare un crimine. Occorre metterci la faccia.



Italian Blogs for Darfur, campagna on-line del movimento italiano per i diritti umani in Darfur, dopo "Una vignetta per il Darfur - diamo colore all'informazione", ha chiesto anche ai fotografi on-line di dedicare una loro creazione al Darfur, interpretando il motto dei bloggers di Italian Blogs for Darfur: "Io bloggo per il Darfur". Gli scrittori della rete cercano in questo modo di colmare il vuoto di informazione lasciato dai media tradizionali italiani, con la speranza che il nostro appello alle maggiori emittenti televisive venga accolto al più presto.

Alessandro Branca, fotografo a Milano dal 1992, è il generoso artefice del primo contributo pervenutoci, pioniere di quella che speriamo diventi una ricca galleria: la foto ritrae la pittrice Jole Noemi Marischi, che ha dipinto per l'occasione la tela inquadrata, che blogga per il Darfur! Invito tutti i nostri amici e lettori a dare massima distribuzione a questa prima foto, sperando che altri fotografi e artisti, ma anche -soprattutto - i comuni - tanti- bloggers italiani ,aderiscano e ci "mettano la faccia".

Link:
reportages di A.Branca, l' occhio è concentrato sugli sguardi di diversi popoli e l'obiettivo è sulla comunicazione.

Monday, 5 November 2007

Gli analisti prefigurano una nuova guerra tra Eritrea ed Etiopia

Analysts warn on a possible new war between Ethiopia and Eritrea

Cresce il pericolo di una guerra tra Etiopia ed Eritrea e sia gli Stati Uniti che le Nazioni Unite dovranno agire velocemente per fronteggiarlo, secondo il rapporto odierno del Gruppo di Crisi Internazionale (ICG). Nel rapporto si dice anche che le costruzioni militari lungo la frontiera avrebbero raggiunto dimensioni allarmanti negli ultimi mesi: vi sarebbero almeno 100.000 soldati pronti a combattere in ognuno dei due Stati.

La crisi deriverebbe da nuove controversie sulla posizione del confine tra i due Stati, questione che diede origine alla guerra del 1998. L'accordo di Algeri del 2000 rimise la decisione del confine ad una Commissione, la quale stabilì che la città contesa (Bademmè, vedi mappa di www.ilcornodafrica.it) fosse da assegnare all'Eritrea. L'Etiopia si oppose alla continuazione della demarcazione. Lo stallo si interruppe quest'anno con l'incontro sui confini di settembre: la Commissione stabilì che se entro fine novembre non si troverà una soluzione, essa concluderà i suoi lavori.
Gli analisti occidentali avvertono che l'Etiopia potrebbe tentare un golpe contro il Presidente eritreo Isaias Afwerki, seguito da un intervento militare etiope. I rischi sono notevoli poiché l'Etiopia godrebbe dell'appoggio americano, sempre secondo il rapporto. Il Gruppo continua sostenendo che gli
States dovrebbero mantenere una posizione più equilibrata per evitare che ciò accada, spingendo l'Etiopia a stabilire sanzioni economiche anziché militari, mentre l'ONU dovrebbe rafforzare il suo supprto alla Commissione sui Confini.
L'ICG conclude il rapporto così: "L'indifferenza internazionale potrà costare cara alle genti del Corno d'Africa, che rischia la destabilizzazione di un'area che va dall'Africa Centrale al Golfo. (fonte: AllAfrica, ove si può trovare anche il link al rapporto)

Sunday, 4 November 2007

Crisi nelle Comore

Comoros' crisis

I rappresentanti dell'Unione Africana e il Governo dell'Unione delle Comore tentano di mettere fine alla crisi politica applicando sanzioni
come la restrizione della libertà di movimento ed il congelamento dei beni contro le autorità ribelli di Anjouan, una delle tre isole che formano l'Unione.

Mohamed Bacar è al potere ad Anjouan dal 2001 in seguito ad un colpo di Stato ed ha vinto le elezioni nel 2002. La Corte Costituzionale quest'anno gli ha chiesto di ritirarsi poiché era scaduto il suo mandato ed ha nominato un Presidente ad interim fino alla data delle elezioni.

In giugno Bacar ha stampato in proprio le schede elettorali per poter essere votato ed ha effettuato e vinto le elezioni con il 90 % delle preferenze (anche se non so se sia il caso di parlare di 'preferenze'), che non sono state riconosciute né dalla Corte Costituzionale né dall'Unione Africana.

Le elezioni ad Anjouan hanno rilanciato le ostilità tra l'isola e le altre due che formano l'Unione, Grande-Comore e Moheli. Da allora si sono susseguiti tentativi di soluzione pacifica alla crisi, ma senza risultati.

Le sanzioni saranno sospese se e quando le autorità d'Anjouan accetteranno di organizzare delle nuove elezioni.

Le Comore hanno ottenuto l'indipendenza dalla Francia nel 1975, dopo ben 130 anni di regime coloniale. Nei trent'anni d'indipendenza hanno fronteggiato 19 tra colpi di Stato e tentativi di colpi di Stato.

In seguito alla secessione di Moheli e d'Anjouan dall'Isola di Grande-Comore del 1997 ed in base ai successivi negoziati del 2001, le tre isole hanno tre Governi semi-autonomi e tre Presidenti che presiedono a turno il Governo Federale dell'Unione.

(fonte: Jeune Afrique)

Friday, 2 November 2007

Arca di Zoè e 103 bambini che non sanno se salperanno

The Arche de Zoé affair

S'è fatto e si fa un gran parlare di questa brutta storia, soprattutto sulla stampa francese (ma anche in Italia: vedi
il Corriere ed il Manifesto). Le opinioni sono discordanti. C'è chi sostiene, in linea con il Governo ciadiano guidato da Idriss Deby, che l'ONG avrebbe intenzionalmente deportato i bambini a fini di lucro, financo con l'obiettivo di venderne gli organi o di metterli nelle mani di reti pedofile.
E c'è chi sostiene che tutta l'operazione fosse una pulita e semplice azione umanitaria (vedasi questo articolo dell'agosto scorso, in cui una giornalista aveva riportato notizie su questo progetto), magari un poco disorganizzata (questa è una mia idea!), ma che puntava a portare a delle famiglie francesi un centinaio di orfani del Darfur.

A me queste persone (foto Rfi) non sembrano dei deportatori di bambini, ma tant'è, essi oggi rischiano condanne fino a 20 anni di lavori forzati secondo le leggi del Ciad.
C'è chi sostiene che Deby stia usando queste persone per mettere in una posizione scomoda la Francia, al fine di mettere i bastoni tra le ruote allo spiegamento dell'operazione Eufor in Darfur, caldamente sostenuta dal Governo Sarkozy e dal Ministro degli Esteri Bernard Kouchner.
Io, sinceramente, ci vedo quella cooperazione malsana, animata dagli ideali "poarini i me' butini" (per i non veronesi, "poveri i miei bambini", quella cooperazione paternalistica per intenderci), senza pensare al come ed al perché. E senza neanche pensare al "forse conviene sentire che ne pensa il padrone di casa prima d'andare e fare gli eroi del caso in uno Stato che non è il nostro".

Sono andata giù pesante, ma io penso a quei bambini che, senza alcuna colpa, vivono un genocidio, hanno perso i genitori, sono poi stati trasferiti da un orfanotrofio e che ora sono in attesa di sapere che sarà di loro. Senza ben capire che succede tra i grandi, perché litigano tra loro etc. etc.

È per questo che non metto le loro foto, perché hanno diritto almeno al riserbo su questa storia in cui, in un caso o nell'altro, sono comunque stati brutalmente strumentalizzati dagli adulti.

Thursday, 1 November 2007

Rappresentante Saharawi ricevuto dalla Jervolino

Meeting between a Saharawi representative and the Naples mayor, Ms. Jervolino

«La repressione nei confronti del popolo saharawi non ha fine. In queste ore continuano le violenze che da decenni siamo costretti a soffrire, la violazioni dei diritti umani e civili da parte del Marocco non accenna a diminuire anche se dall'Europa arrivano timidi segnali di solidarietà»
.

Mohamed Abdelaziz, segretario generale del Fronte Polisario per l'autodeterminazione della popolazione del Sahara occidentale è preoccupato, ma non smette di credere nella politica e nei percorsi diplomatici. La speranza è quella di creare le condizioni necessarie per indire un referendum di autodeterminazione per le genti saharawi. «Nei campi dei rifugiati in Algeria ci sono 200 mila persone, non si riesce ad avere il controllo della zona, mancano all'appello centinaia di persone e scarseggiano generi di prima necessità sia alimentari che sanitari. Le libertà individuali vengono puntualmente violate. E la situazione precipita sempre di più».


Gli aiuti del Pam (Programma alimentare mondiale) nel Sahara occidentale sono sempre più insufficienti, i pacifisti che si oppongono finiscono dietro le sbarre, spesso senza un regolare processo, e il controllo economico delle risorse è gestito soltanto dal Marocco. In un quadro del genere, il referendum sembra una chimera, ma proprio in un momento così delicato il Fronte Polisario chiede all'Italia di mantenere alta l'attenzione. «Ora che il vostro parlamento ci ha riconosciuto come interlocutore autorevole - prosegue Abdelaziz -, chiediamo all'Italia di vigilare sul neonato osservatorio per i diritti saharawi, affinché funzioni e rimanga attivo. Sono le basi per far entrare le libertà fondamentali nel Sahara occidentale e per indire il referendum in base a tre punti: indipendenza del popolo saharawi, integrazione al Marocco o autonomia».

Era il 1966 quando, per la prima volta, l'Onu ha chiesto alla Spagna di indire un referendum per il Sahara Occidentale. Le notizie che arrivano dal Sahara occidentale sono sempre più frammentarie e saltuarie. E a mantenere saldo il filo delle comunicazioni con l'Europa rimane soltanto il Fronte Polisario che, dal 1973, sta tentando di costruire un percorso di pace per il popolo del deserto. Ma da qualche anno le sorti dei saharawi stanno interessando anche l'Italia e il comune di Napoli che manda spesso sul posto osservatori internazionali per la difesa dei diritti civili. Un percorso intensificato dal magistrato Nicola Quatrano, responsabile dell'Osservatorio internazionale e dal consigliere comunale del Prc Sandro Fucito che di recente hanno fatto incontrare nella sede del comune di Napoli il segretario generale del Fronte Polisario Mohamed Abdelaziz con il sindaco Rosa Russo Jervolino. «Ringraziamo la città che all'incontro della IV commissione per la decolonizzazione dell'Onu a New York il 9 e 10 ottobre ci ha sostenuto. Ringraziamo Napoli anche per aver concesso la cittadinanza onoraria alla prigioniera politica Aminetou Haidar e per aver ospitato i 32 bambini saharawi nel mese di luglio. Questa collaborazione deve proseguire in nome della difesa dei diritti umani e civili».
Un segnale che i saharawi attendono anche da Spagna e Francia per favorire la decolonizzazione prevista dell'Onu. (fonte: Ilaria Urbani, il manifesto.it).

Wednesday, 31 October 2007

Accesso ai farmaci negli ACP

Access to medicines in the African, Caribbean and Pacific Group of States

Il 22 ottobre la Commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo ha approvato una raccomandazione per la ratifica dell’accordo
, nato in seno al WTO, che modifica le regole per l’acquisto di medicinali e facilita gli ACP (
Stati Africani, Caraibici e del Pacifico). Un primo passo, che è già stato molto faticoso: per l’approvazione ci sono voluti mesi di discussioni tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo; il tema è stato rinviato quattro volte. Alla fine Commissione e Consiglio hanno accettato di destinare dei finanziamenti al trasferimento di ricerca e di sviluppo tecnologico a favore dei paesi del Sud del Mondo.
Ad ogni Stato membro è stato riconosciuto il diritto di intraprendere accordi che vadano incontro alle esigenze degli Stati in questione, anche al di là delle regole stabilite dal WTO, soprattutto in caso di gravi emergenze sanitarie. All’interno degli accordi bilaterali, inoltre, non verranno trattate condizioni meno favorevoli in materia di accesso ai farmaci.
L’on. Gianluca Susta (DL- la Margherita – ALDE), autore della raccomandazione, è ottimista: “Con le dichiarazioni che abbiamo strappato in questi giorni si può dire che si apre una stagione migliore per l'accessibilità ai farmaci dei Paesi più poveri e che l'Unione Europea si è smossa dall’immobilismo in questa materia”, ha dichiarato (nigrizia.it).
L'impressione che è facile trarre è che siano, come spesso accade, le solite trite ed inutili parole. Fatico a crederci, mi spiace.

Tuesday, 30 October 2007

Chi visita questo blog..

Who visit this blog..

Lo so, direte, classico post cazzeggiante.. L'idea m'è venuta dal blog di Auryn, che vado a leggere ogni tanto nei momenti di nulla cosmico. Ammetto che la ragazza scrive bene, davvero bene, IMHO. La tipa fa (come molti altri) una pseudo-rassegna dei visitatori del suo blog a partire dai resoconti shinystat o simili.
Sinceramente non mi sono messa spesso a spulciare le chiavi di ricerca utilizzate da chi arriva fin su questo blog, anche se ora ho visto che può essere interessante. Vediamo un poco chi ci ha raggiunto negli ultimi 30 giorni, cioè osservando le statistiche aggiornate ad oggi 8 Brumaio dell'anno CCXVI, volgarmente detto 30 ottobre 2007.

Premettiamo innanzi tutto che su questo blog non c'è una gran ressa, come è comprensibile che sia. Come seconda cosa, qui parliamo solamente di chi è arrivato tramite chiave di ricerca su apposito motore. Terza cosa, non parliamo neanche di coloro che ci onorano di una visita con scopi legati all'intento di questo blog. Ad esempio gli 11 che han scritto su Gugol "janjaweed", i 9 di "zimbabwe", i 5 di "pfizer" e tutti gli altri che cercavan cose legate ai contenuti di sto blog e che in qualche modo sono arrivati al posto giusto.

Mi preoccupo ora, ad esempio, dei 3 che cercavano una "pausa", dei 2 che cercavano una "grande depressione" e dei 5 dei "farmaci antimalaria": in altre parole, di coloro che sono arrivati qui per sbaglio.

congo croce scambio: si spieghi.. scambia una croce con un congolese?! c'è stato uno scambio di croci in congo ed io non ne so nulla!? Boh!

usa "mogadiscio": vuole istruzioni su come usare la capitale somala?

economides viaggio in rwanda: ok, ammesso che non ho capito cosa intende con economides.. almeno scriva tutto in una lingua, santa patata!! Va be', ammesso e non concesso che volesse dire 'economico'... in effetti i butei dicono che sono parecchio braccine corte... però fino a consigliare un viaggio economico in rwanda non ci arrivo, il volo costa comunque un'enormità.. ..boh, ad esempio potrebbe farselo pagare da qualcuno in cambio di favori sessuali. Di meglio or ora non mi viene.

tanzania foto del popolo: del popolo... termine un poco mussoliniano... ok, NON sei al posto giusto...

stato africano ruanda: ah, bravo, ha specificato il ruanda Stato Africano per distinguerlo dall'altro ruanda, il ... che? colluttorio?

registrazione marchio paesi mussulmani: eh, lo so, son problemi..

regime matrimonio costa d'avorio: anche lui, in effetti, ha le sue gatte da pelare..

realizzare un attacco rapido: qui sì che andiamo sullo specialistico... ma si spieghi?! Deve sedurre una ragazza? Oppure attaccare Mazzinga?!

libia senza estradizione: beh, mi sembra legittimo voler andare in Libia senza estradizione...

estradizione in costa d'avorio: invece questo, vuole andare in costa d'avorio per ottenere un'estradizione. De gustibus.

forze armate sudanesi wikipedia: vai su wikipedia, no?! L'alternativa è che wikipedia abbia delle forze armate e che parte di esse siano in Sudan... certo che sono complicati..

foto di rapporti sessuali nelle tribù africane: ma santo di un dio.. vaboh, si commenta da sola!

foto consumi in costa d'avorio: e questo non si è capito neanche lui..

Il messaggio è: butei, prima pensare, poi scrivere dentro Gugol, ok?! Io di solito faccio così , scrivo quello che penso in quel momento senza soluzione di continuità con la tastiera.. es. "cazzo ci fai al Ministero della Giustizia Mastella". Giuro, funziona.

Un forte grazie a chi legge sto blog.

Monday, 29 October 2007

Disordini a Mogadiscio

Civil disorders in Mogadishu

Il Primo Ministro del Governo di transizione Ali Mohamed Gedi ha dato le dimissioni lunedì, quando si sono intensificati gli scontri nella capitale somala. I conflitti di sabato e domenica, hanno spinto gli abitanti, in particolare quelli dei quartieri a sud, a lasciare la città (
foto). I soldati etiopi, che sostengono il governo somalo, hanno sparato sui manifestanti, uccidendone tre. Alcuni manifestanti hanno incendiato due commissariati di polizia in due giorni.

Contemporaneamente centinaia di persone sfilavano nei quartieri del nord per protestare contro la presenza etiopica in Somalia. Anche questa manifestazione è finita in tragedia.

Sei civili sono stati uccisi sabato a sud di Mogadiscio, ove i combattimenti sono sempre più intensi da qualche settimana. Le forze somale ed etiopi si scontrano con delle non ancora identificate milizie che si fanno chiamare 'insurrezione a Mogadiscio'. Le autorità hanno chiesto ai civili di evacuare il quartiere di Bakara, nel sud della capitale.

Il Primo Ministro Gedi al momento è rimpiazzato dal suo vice, Salim Aliyow Ibrow. Ali Mohamed Gedi ha detto davanti al Parlamento che non lascerà la politica. Le dimissioni aggravano la crisi politica ed umanitaria del Paese, nonché le condizioni d'insicurezza della gente.

Dopo la caduta un anno fa delle corti islamiche, l'insicurezza ha continuato a salire nella capitale somala ed i civili sono i primi a farne le spese. Le violenze, che fino a qualche giorno fa si svolgevano principalmente di notte, ora hanno luogo anche in pieno giorno (RFI).

Dall'instaurazione del Governo di transizione, tre anni fa, continuano le tensioni tra il Primo Ministro Gedi ed il Presidente Abdullahi Yusuf Ahmed. La conflittualità si è aggravata nelle ultime settimane. Yusuf fa pressione sul Parlamento al fine di ottenere la destituzione del Primo Ministro, che accusa di non esser riuscito a porre fine alle violenze a Mogadiscio.

I detrattori ricordano al Primo Ministro di essere il responsabile dell'intervento dell'esercito etiope nel dicembre scorso contro le Corti Islamiche che controllavano la capitale. Quelli delle ultime settimane sono stati gli scorsi più duri degli ultimi mesi.

Secondo fonti vicine al vecchio capo del Governo, Ali Mohamed Gedi vorrebbe uno stato democratico, laico e trasparente, mentre ora la Somalia "sta diventando uno stato di prebende, con una famiglia predatrice", alludendo neanche troppo velatamente al clan del Presidente Yusuf (RFI).

Sudafrica: ucciso Lucky Dube

articolo di Marco Boccitto, tratto da ilmanifesto.it
Sta provocando forti reazioni in Sudafrica l'assassinio del cantante Lucky Dube, avvenuto nella serata di giovedì 18 c.m. a Johannesburg. Un delitto eccellente che fa registrare anche un salto di qualità nel dibattito sull'emergenza criminalità, già infiammato da stime che parlano di 50 omicidi in media al giorno nel paese. E il prezzo più alto lo paga la gente normale - più o meno povera -, visto che i ricchi sempre più ricchi vivono asserragliati nei loro fortini. Musicista, compositore e frontman 43enne, molto amato in patria ma assai popolare anche nel resto del mondo, Lube è stato ucciso mentre percorreva una strada di Rosettenville alla guida della sua Chrysler grigia, accompagnato dai due figli adolescenti. Quando si è reso conto di essere sotto tiro sarebbe riuscito a rallentare e a spingere fuori dall'abitacolo i figli. Raggiunto da almeno due proiettili, ha tentato di ripartire ma la sua corsa è finita dopo pochi metri contro un albero. La polizia parla di un maldestro tentativo di rapina finito in tragedia. Tra i primi a reagire, piangendo «l'uomo e il musicista rinomato in tutto il mondo», il presidente Thabo Mbeki, in partenza per Parigi dove oggi sosterrà la nazionale sudafricana di rugby nella finale mondiale contro l'Inghilterra. «Ci prepariamo a festeggiare la vittoria degli Springboks - ha detto - ma dobbiamo anche sentirci afflitti per la morte di un sudafricano così rappresentativo». Duro l'Inkatha Freedom Party con il governo, reo di «apatia» e di non voler «ammettere le dimensioni e la gravità del problema». Va oltre l'African christian democratic party, che chiede di ripristinare la pena di morte, dimostrando di tenere in scarsissima considerazione lo spirito non-violento che animava le canzoni di Lucky Dube. Parole di commozione e sdegno arrivano invece dall'African national congress e dalla Democratic alliance. Un comunicato del ministero dell'arte e cultura lamenta la «perdita monumentale, che segna un triste giorno nella storia di questo paese». La confederazione sindacale unitaria parla di «oltraggio e raccapriccio», il Pan African Congress di «shock e rabbia».
Lucky Dube era nato il 3 agosto 1964 in una Johannesburg stretta nella morsa dell'apartheid e del Group areas act, che permetteva alle autorità di deportare i neri nelle zone più sfavorevoli e di murarli all'interno. Poco dopo la nascita, quando fu chiaro che le sue precarie condizioni di salute non lo avrebbero portato alla morte prematura sentenziata dai medici, cominciarono a chiamarlo lucky, «fortunato». Gli esordi, all'inizio degli anni '80, sono all'insegna dei ritmi mbaqanga, la musica pop delle townships. Nell'85 la svolta dell'impegno e del reggae: l'album Rastas never die viene bandito dal regime di Pretoria, ma Dube diventa un'icona fuori e dentro l'Africa, un simbolo della musica sudafricana in lotta contro l'apartheid. Con 20 album all'attivo, alcuni epocali come Slave e Prisoner, una certa somiglianza stilistica con Peter Tosh e la tendenza ad esaltare piuttosto il lato sociale del rastafarianesimo, trascurando l'afflato mistico, Lube terrà testa con la sua musica (l'ultimo disco, Respect, è del 2006) all'ondata di nuove tendenze, dal kwaito al rap, che caratterizzano la scena sudafricana post-apartheid e segnano il tempo nelle strade del paese.

Tuesday, 23 October 2007

Cooperazione francese in Marocco

La Francia ha firmato (nella foto, Reuters) contratti civili e militari con il Marocco per almeno due miliardi di euro, durante la visita del Presidente francese Nicolas Sarkozy in Marocco. Il progetto più importante è quello di una linea di treni ad alta velocità (TGV) tra Tangeri e Casablanca. Non è stato però possibile per la Francia piazzare gli aerei Rafale.

Il cantiere della ferrovia è stimato intorno ai due miliardi di euro e la metà di questo valore andrà a tre imprese francesi: Alstom, la Société nationale des chemins de fer français (SNCF) e la Réseau ferré de France. Secondo il portavoce dell'Alstom, la costruzione permetterà il collegamento tra le due città in sole 2 ore e 10 minuti anziché nelle attuali 5 ore. È stata inoltre venduta una fregata polivalente di classe FREMM. Secondo la stampa marocchina, il costo è intorno ai 500 milioni di euro. D'altra parte, il Marocco ha preferito acquistare dei cacciabombardieri americani F16 anziché gli aerei da combattimento francesi Rafale.
Il protocollo dell'accordo è stato firmato tra il Ministro marocchino delle Infrastrutture e dei Trasporti Karim Ghellab ed il Ministro francese dell'Ecologia, dello Sviluppo e della Gestione Sostenibile Jean-Louis Borloo.
Inoltre è stato firmato un protocollo d'accordo tra una società francese specializzata nella produzione nucleare, Areva, e l'Ufficio marocchino dei fosfati (OCP) per l'estrazione di uranio e di acido fosforico. È allo studio la costruzione di una centrale nucleare in Marocco.

Sono state firmate tre convenzioni sulla giustizia tra i Ministri della Giustizia, la francese Rachida Dati e il marocchino Abdelwahed Radi, ed una convenzione sulla sicurezza sociale.

Inoltre, la Francia finanzierà con 38 milioni di euro un progetto di sanificazione del centro di Nador (a nord) e con 8 milioni di euro sosterrà l'Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano (INDH), un programma sociale indirizzato alle regioni e ai quartieri più poveri del Paese.

Il Marocco è il primo beneficiario dell'aiuto allo sviluppo francese con 200 milioni di euro in media all'anno e la Francia è il primo partner commerciale del Paese. (Jeune Afrique)

Monday, 22 October 2007

Rientra la crisi governativa tra Nord e Sud Sudan. Ma i massacri in Darfur continuano

La settimana scorsa è stato deciso un ampio rimpasto governativo in Sudan, risolvendo la crisi tra Nord e Sud. Il Movimento per la liberazione del Sud Sudan (Splm), che controlla il sud, ha annunciato il rientro nel governo di unità nazionale, che aveva abbandonato accusando il Nord di non rispettare gli accordi di pace del 2005. L'abbandono del governo era stato giudicato dagli osservatori della realtà sudanese come l'avvenimento più grave dalla firma della pace fra Nord e Sud Sudan nel gennaio del 2005 e rischiava di riaprire il conflitto durato per 22 anni (Vita.it).

Intanto in Darfur continuano i massacri, come testimoniato dalla seguente lettera.
Riceviamo e pubblichiamo di seguito una lettera pervenuta a Italian Blogs for Darfur oggi 21 ottobre da Nyala, attraverso alcuni amici di Padova, che ringraziamo calorosamente. Non ho al momento trovato conferme di tanta violenza sulla stampa: qui, nel New York Times, si parla di uno scontro tra fazioni di ribelli all'interno del campo di Kalma. Che la verità sia ben altra?

Spett.Blog for Darfur
vi mando l'ultima lettera del mio amico in Darfur Sudan. Scusate l'anonimato ma la sicurezza del nostro amico è cosa importante.
Grazie del Vostro impegno per il Darfur e saluti da Fiore e gruppo.

"Carissimo Fiore e gruppo
... Ti scrivo di urgenza per informarti che il campo delle donne (KALMA/NYALA n.d.r.) è stato distrutto con un vero masacro.
Oggi mi sembrava di vedere il vero esodo raccontato nella bibbia roba veramente da far tremare l intero corpo da una vista cosi terificante che non trovo parole per descriverlo.
Per due giorni sotto il fuoco dell artiglieria e distruzione a tappeto con con fuoco che si vedeva da lontano.(ItalianBlogs4Darfur)"

Sunday, 21 October 2007

Festival del cinema africano a Verona

Dal 16 al 24 novembre Verona rilancia il Festival del Cinema Africano. A 27 anni dalla nascita, la kermesse cinematografica torna a essere una manifestazione indipendente, interamente dedicata all'Africa, con una nuova veste e numerose sezioni. Apre Indigènes, candidato all'Oscar come miglior film straniero.
La pellicola, di Rachid Bouchareb, e' inedita in Italia e ha vinto la Palma d'Oro al Miglior Interprete maschile al Festival di Cannes 2007, del premio Ce'sar alla miglior sceneggiatura originale e candidata all'Oscar 2007 come miglior film straniero. (AGI)

Saturday, 20 October 2007

Continuità al potere in Togo

L’RPT (Rassemblement du Peuple Togolais), partito attualmente al potere cui appartiene il Presidente Eyadema, ha vinto le elezioni legislative di domenica 14 ottobre in Togo (nella foto). I risultati non sono ancora ufficiali, ma in base ai dati forniti finora dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), l’RPT avrebbe ottenuto 49 seggi su 81. Il grande favorito della vigilia, il partito d’opposizione dell'Unione delle forze per il cambiamento (UFC) non conterebbe più di 21 seggi.

Oltre ai 4 vinti dal CAR, il partito del primo ministro, mancano ancora 7 seggi, che non potranno però modificare di molto l’assetto provvisorio.
Altissima la frequenza alle urne: il 95%. Un dato che, sommato alle dichiarazioni degli osservatori internazionali di elezioni corrette e trasparenti, potrebbero permettere al paese di uscire dalla lista dei paesi “non democratici” e di ricominciare la cooperazione con l’Unione Europea, sospesa nel 1993 per mancanza di democrazia.

Per quanto si temessero reazioni violente in caso di vittoria del partito al potere, alla notizia dei primi risultati la popolazione ha reagito con serenità. A contraddire i delegati di CEDEAO, Unione Africana ed Europea sulla regolarità del voto è però intervenuto l’UFC, che ha denunciato brogli e sparizioni di voti a suo favore, ed ha annunciato la presentazione del ricorso non appena la Corte Costituzionale proclamerà i risultati definitivi (Nigrizia).

Friday, 19 October 2007

Violenze etniche in Ciad

Gli ultimi scontri etnici hanno causato almeno venti morti nel Ciad orientale. Il conflitto è tra l'etnia zaghawa e l'etnia tama e secondo fonti governative è nato in seguito all'abbandono delle postazioni da parte dell'etnia tama. Un gruppo armato tama avrebbe abbandonato la città di Guereda, nell'est Ciad, per dirigersi verso il confine col Darfur, regione del Sudan, accusando le forze armate degli zaghawa di aver tentato di disarmarli (Peace reporter). Nella foto, truppe governative su una strada al confine con il Sudan.
L'etnia zaghawa è maggioritaria nel Paese e rappresentata dal Presidente mentre l'etnia tama è capeggiata dal Ministro della Difesa Mahamat Nour. Il Governo sudanese sembra aver offerto appoggio economico e militare all'etnia tama. È stato dichiarato lo stato d'emergenza nelle regioni di Ouaddai e Wadi Fira (ad est) e le regioni di Borkou, Ennedi e Tibesti (BET, a nord). L'Unione Europea intende approvare il dispiegamento di una forza di peacekeeping formata da 3000 soldati in una regione che va dal Ciad orientale al Nord-est della Repubblica Centrafricana (Tazon).
Riferimenti: una cronistoria delle relazioni Ciad-Sudan.

Thursday, 18 October 2007

Kabila promette di disarmare Nkunda e i suoi uomini


Il Presidente della Repubblica Democratica del Congo Joseph Kabila ha promesso mercoledì il 'disarmo forzato' del dissidente Laurent Nkunda (nella foto) e dei suoi circa 5.000 uomini nel Nord Kivu, una provincia orientale che fronteggia la guerriglia, come ho accennato nei mesi scorsi (in settembre sui profughi e in febbraio, in relazione al reclutamento di bambini soldato). Kabila lo ha detto durante una conferenza a Goma, la capitale della Provincia del Kivu del Nord.

La situazione era calma mercoledì in Nord Kivu, ove le Forze armate Congolesi (FARDC) continuano a rinforzarsi e potranno lanciare un'ampia offensiva da novembre, secondo fonti militari congolesi. Kabila assicura che il problema dell'insicurezza verrà risolto prima della fine dell'anno e che la popolazione deve aver fiducia nel Governo.

"Nkunda è un criminale (...). Nel settembre 2005 è stato emanato un mandato d'arresto nei suoi confronti. Egli non può pretendere d'occupare un territorio o di difendere la propria comunità."

"Egli rischia di farci ritornare in guerra" afferma ancora Kabila, sostenendo che più di mille soldati si erano arresi nelle ultime settimane.

Tutsi congolese, Laurent Nkunda si è sempre posto a difesa della propria minoranza contro i ribelli hutu ruandesi delle Forze Democratiche di liberazione del Ruanda (FDLR) - di cui alcuni hanno partecipato al genocidio del 1994 diretto principalmente contro i tutsi (su quest'ultima affermazione, che condivido in toto, alcuni comboniani non sono d'accordo: per dei riferimenti su ciò vedasi quest'altro post). Sono circa 6.000 i ribelli hutu ruandesi (vedi foto) nella regione.

Interrogato sulla minaccia rappresentata dalle FDLR per la minoranza tutsi congolese, Kabila si è dichiarato garante della protezione di tale comunità, come di tutte le altre comunità congolesi. Ha aggiunto che un piano di governo congolese per una soluzione definitiva al problema della FDLR è attualmente nelle mani del Ruanda e delle Nazioni Unite.

Teatro di conflitti che hanno precipitato il Paese in guerra per ben due volte (1996-1997 e 1998-2003), il Nord Kivu è da agosto zona di conflitto tra i soldati insorti e collegati a Nkunda e l'esercito, che ha ormai messo in campo più di 20.000 uomini.

Il comandante della Missione ONU in RD Congo (Monuc), il generale Babacar Gaye, mercoledì ha rinnovato il sostegno alla FARDC, con l'invio di non meno di 12 tonnellate di munizioni. Sempre mercoledì il comandante della FARDC in Nord Kivu, il generale Vainqueur Mayala ha affermato che si sono manifestati dissensi tra le truppe insorte, all'indomani di una sparatoria nei pressi di Runyoni, una località vicina alla frontiera ruandese, una zona sotto esclusivo controllo degli insorti. La FARDC non è implicata in questa sparatoria quindi si tratterebbe di uno scambio di fuoco interno agli insorti di Nkunda. Si possono rintracciare due gruppi tra i seguaci di Nkunda: coloro che vogliono smobilitare ed integrare l'armata e coloro che vi si oppongono e che non vogliono arrendersi. Raggiunti dall'AFP, dei militari vicini a Nkunda hanno negato l'accaduto. Réne Abandi, portavoce del movimento di Nkunda, sostiene appunto che non vi sia stata alcuna sparatoria.

La sparatoria è stata confermata all'AFP da fonti di sicurezza congolesi ed occidentali. Numerose fonti locali hanno affermato che i soldati che volevano arrendersi sono stati minacciati e che chi verrà sorpreso ad esprimere pubblicamente il dissenso rischia d'essere ucciso. (Jeune Afrique)

Wednesday, 17 October 2007

Guillaume Soro tra Sviluppo e Democrazia



Guillaume Soro sogna un’Africa dal domani "solidale e capace del proprio sviluppo"

CÔTE D'IVOIRE - 16 ottobre 2007 - APANEWS

Il Primo ministro ivoiriano, Guillaume Soro, ha espresso martedí sera, alla fine della chiusura del colloquio internazionale su “La democrazia e lo sviluppo in Africa”, il suo augurio di vivere in una “futura Africa solidale e in grado di definire la propria sorte, il proprio destino.”

Soro, che é arrivato lo stesso giorno a Ouagadougou per assistere alla cerimonia di chiusura di questo colloquio aperto lo scorso 14 ottobre, si è pronunciato sul tema del incontro che trova “importante e gradita per la Costa d’Avorio”:

« Vorrei vedere questa Africa solidale un domani, capace di realizzare il proprio sviluppo ».

Per lui, gli Ivoiriani hanno potuto risolvere le loro differenze da sé e hanno voluto mostrare con ció che gli africani sono « maturi e possono prendersi carico dei propri problemi ».

« Penso che é una delle lezioni che dal colloquio è stata tratta », ha aggiunto.

Il suo compatriota Pascal Affi N'Guessan, presidente del Fronte popolare ivoiriano (partito al potere) e presente a questo incontro dall’apertura, ha affermato che, a parer suo, la democrazia per uno sviluppo economico e sociale dei paesi, è la lezione da ricordare dal colloquio.

« L'istituzionalizzazione di questo incontro sarebbe un mezzo di rendere perenne e dunque di arricchimento della democrazia in Africa » ha dichiarato l’ex primo ministro ivoriano.

François Loncle, deputato all’Assemblea francese, nuovo presidente del gruppo di amicizia Francia-Burkina Faso al Parlamento francese stima che i problemi dell’Africa non sono insormontabili e si incontrano ovunque.

« In Francia siamo in una fase di riflessione sulla politica dell’Africa che l’Europa e la Francia devono eseguire con rispetto e con l’idea di non dare lezioni agli altri, come é stato ancora fatto recentemente, e di concorrere attraverso le organizzazioni internazionaliste, la cooperazione bilaterale e multilaterale, allo sviluppo dell’Africa che ha le risorse e i mezzi e un potenziale umano straordinario », ha detto Loncle.

Ha pure aggiunto che l’Europa e la Francia sono mobilizzate per dei compiti che vanno a concorrere per sviluppo e il progresso in Africa.

Seydou Sy Sall, membro della delegazione Senegalese, riconosce che l’impegno dei paesi africani nel processo della democrazia ha subito uno scacco « perché la crescita, lo sviluppo sociale di alcuni settori non hanno seguito ».

Propone che lo sviluppo del continente sia oramai sempre impegnato ad essere duraturo e a tenere conto della democrazia.

« E’ la democrazia che permette la partecipazione dell’insieme della societá , compresi i giovani e le donne, al processo di presa di decisioni. E’ la democrazia che permette pure di garantire la stabilitá e la pace senza le quali alcuna azione di sviluppo puó realizzarsi nei tempi » segnala Sy Sall .

I partecipanti hanno raccomandato l'istituzionalizzazione di un tale incontro.