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Sunday, 27 July 2008

Dubbia tregua in Somalia

Sono seriamente a rischio i pochi risultati attenuti tra governo di Mogadiscio e l’opposizione somala in esilio in Eritrea (Associazione per la Ri-Liberazione della Somalia, Ars). Il 9 giugno scorso, la firma di un accordo era fatto sperare per l’inizio della pacificazione nel paese, teatro di un conflitto interno dal 1991.
Una delle iniziative più importanti previste dall’accordo, era la fine delle ostilità in 30 giorni. La firma ufficiale dell’accordo è però stata fatta slittare, ufficialmente per permettere all’Alleanza per la nuova liberazione della Somalia di trovare un’intesa tra le tante correnti che compongono la piattaforma.

L’ipotesi di collaborazione era sembrata da subito difficile: alcune delle realtà dell’Alleanza si sono subito dette contrarie all’accordo, e gli scontri sono continuati, soprattutto nella capitale Mogadiscio, con pesanti conseguenze nei confronti della popolazione civile.

Con l’autoproclamazione di Sheikh Hassain Dahir Aweys, integralista islamico, a capo dell’Ars, la rottura è ancora più vicina: ricercato a livello internazionale per i suoi presunti legami con Al-Qaida, Aweys ha il sostegno delle tante correnti contrarie all’accordo. È evidente la spaccatura all’interno dell’Ars, che era guidata fino a pochi giorni fa dal moderato Sheikh Sharif Ahmed. Nei giorni scorsi era girata la voce che anche Aweys - seppur ponendo diversi paletti - avrebbe accettato l'intesa, poi la smentita.
Forse nel tentativo di creare consenso attorno alla sua figura, subito dopo essersi messo a capo dell’Ars, Aweys ha dichiarato alle agenzie internazionali che proteggerà gli operatori umanitari che stanno lavorando in Somalia. “Siamo grati al loro lavoro e li difenderemo” ha affermato. Nelle ultime settimane i ribelli hanno incrementato gli attacchi contro sedi di organizzazioni umanitarie e i sequestri dei loro lavoratori (nella mani dei rapitori ci sono ancora anche 2 italiani), nel tentativo di controllare i flussi di aiuti alimentari e ottenere il consenso della popolazione. Aweys ha negato ogni responsabilità dei ribelli islamici.

Intanto il ministro degli esteri somalo ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di autorizzare il dispiegamento di una nuova missione sotto il mandato dell’Onu: secondo Ramtane Lamamra, commissionario dell’UA per la pace e la Sicurezza, l’Amisom la missione dell’Unione Africana in Somalia“affronta una severa mancanza di fondi e supporto finanziario”, tanto che “non riesce a svolgere il suo mandato perché le sue capacità sono inadeguate alla situazione sul territorio”. (nigrizia)

Sunday, 22 June 2008

L'UNHCR chiede l'invio rapido della forza di peace-keeping

L'alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), Antonio Guterres, ha chiesto di dispiegare una forza internazionale di pace in Somalia per risolvere quella che considera una delle peggiori crisi umanitarie dei tempi moderni. «È importante - ha detto Guterres da Nairobi - che vengano trovate risorse per una forza internazionale che riporti stabilità nel Paese, come previsto nel recente accordo di pace di Gibuti».

L'accordo dei primi di giugno tra il governo di transizione somalo e alcuni leader moderati all'opposizione prevede il cessate il fuoco in seguito al dispiegamento dei peacekeepers dell'Onu. [..]

Alla sigla dell'accordo di Gibuti non ha però partecipato il gruppo islamico Al-Shabaab. Il Pam, Programma alimentare mondiale, ha avvertito che entro la fine dell'anno circa 3,5 milioni di somali potrebbero dover dipendere dagli aiuti internazionali per sfamarsi, a causa del conflitto in corso, della siccità e dell'aumento dei prezzi alimentari.

Fonte: vita.it

Saturday, 14 June 2008

Scontri tra Gibuti ed Eritrea

Almeno nove morti e 60 feriti tra i soldati di Gibuti, al termine di 3 giorni di scontri con le truppe eritree al confine tra i due paesi del corno d’Africa.
Le autorità di Gibuti accusano Asmara di aver lanciato un attacco contro le posizione gibutiane a Ras Doumeira, regione nel nord del paese, già causa di scontri nel 1996 e nel 1999.
I militari eritrei avrebbero oltrepassato il confinato per inseguire una trentina di disertori (il servizio civile in Eritrea è obbligatorio per maschi e femmine e dura due anni) e, una volta entrati nel paese, avrebbero poi aperto il fuoco contro i soldati gibutiani.

Gli scontri sarebbero quindi proseguiti per tre giorni. Isaias Afeworki, dittatore dell’Eritrea, respinge le accuse, e accusa Gibuti di campagna diffamatoria. Però non nega né smentisce la notizia degli scontri. No comment nemmeno sulla presunta cattura di 100 militari di Asmara da parte delle truppe di Gibuti. [..]

Ma Gibuti è anche un importante alleato di Stati Uniti e Francia, dai quali viene protetto perché ne ospita le basi militari. Non sono per niente buoni invece i rapporti tra Eritrea e paesi europei e occidentali: Asmara è accusata di sostenere i ribelli islamici somali e di impedire così il dispiegamento dei peacekeepers nella vicina Somalia. [..]

Articolo completo: nigrizia.it

Monday, 18 February 2008

Elezioni a Gibuti

Scusandomi innanzitutto per la latitanza, riporto ora un articolo apparso su nigrizia.it questa settimana e che rappresenta secondo me una buona analisi di ciò che sta accadendo nel piccolissimo ma potente Paese del corno d'Africa.

Nessuna sorpresa dal voto in Gibuti: l’Unione per la maggioranza presidenziale, che sostiene il presidente Ismail Omar Guelleh (nella foto mentre vota), ha vinto con larghissimo scarto, assicurandosi i 65 seggi previsti. Secondo le fonti ufficiali, il tasso di partecipazione è stato del 72%, il più elevato degli ultimi 15 anni.
Tuttavia, il largo successo è dovuto senz’altro all’assenza dell’Unione per l’alternanza democratica, alleanza che riunisce i 5 principali partiti di opposizione, e che ha disertato le urne per protesta contro un sistema elettorale che, a loro avviso, avrebbe comunque garantito alla maggioranza uscente i seggi necessari alla propria riconferma. Le elezioni si sono svolte con uno scrutinio maggioritario ad un solo turno.
Il basso astensionismo va analizzato con cautela. La popolazione dello stato del Corno d’Africa, una nazione piccola ma con una rilevante importanza strategica, è di circa 800mila abitanti. Eppure, gli aventi diritto iscritti ai registri elettorali erano solo 151.490, secondo i dati diffusi del ministero degli interni gibutiano. Una larga fetta di popolazione potrebbe essere stata esclusa dall’esercizio democratico del voto.
Il governo gibutiano, reduce da recenti accadimenti controversi, come gli arresti del sacerdote diocesano De Pretis e dell’attivista per i diritti umani Abdi, avrebbe inoltre imposto diverse restrizioni alla libertà di opinione. Molti membri dei partiti di opposizione sarebbero infatti stati condannati agli arresti domiciliari nel periodo immediatamente precedente le elezioni.

Fonte: nigrizia