Tuesday, 17 July 2007

Peggiora la crisi economica in Zimbabwe

Il tasso di inflazione in Zimbabwe è il più alto del mondo: 4.500%, con un aumento che ormai tocca il 300% alla settimana. Per far fronte all’incontenibile crisi economica, lo scorso 25 giugno il governo del presidente Mugabe ha deciso di imporre una riduzione del 50% dei prezzi al dettaglio e ha ordinato di tagliare il prezzo della benzina del 70%. Un’iniziativa presentata dallo stesso presidente Mugabe come una punizione nei confronti delle grandi compagnie, accusate di alzare i prezzi per sabotare l'economia e delegittimarlo.

Due settimane dopo l’entrata in vigore delle nuove direttive, la crisi economica è ancora più acuta. Trovare benzina nel paese è un’impresa: le auto non si mettono nemmeno in coda ai distributori, il paese è fermo. Molti negozi sono chiusi e le scorte di prodotti sono praticamente esaurite: gli alimentari che hanno rispettato il nuovo tariffario sui prezzi dei prodotti sono stati letteralmente presi d’assalto e svuotati dai cittadini. Diminuendo i prezzi i commercianti non riescono a sostenere la loro attività e preferiscono chiudere piuttosto che indebitarsi o fallire. Tenere le saracinesche abbassate sembra l’unico modo per sfuggire ai controlli: per far rispettare l’imposizione sono stati mobilitati ispettori governativi, organi di polizia e anche la milizia giovanile, fedele a Mugabe.

Una situazione insostenibile per la popolazione, già provata dalla disoccupazione, dal crollo della produzione agricola e industriale, dall’aumento del costo di servizi di base come la sanità e i trasporti. A distanza di due settimane, oltre alla benzina anche l’olio, la carne, lo zucchero, ora i cittadini sono costretti ad affidarsi al mercato clandestino, dove i prezzi per i generi alimentari sono ancora più alti.
Chi si è rifiutato di abbassare i prezzi è finito in manette: 1300 commercianti sono già dietro le sbarre. Altri sono stati costretti a pagare multe salatissime: fino a 100 milioni di dollari in moneta locale.

Alla drammatica situazione economica e sociale si sommano le tensioni politiche: in vista delle elezioni presidenziali 2008, Mugabe cerca letteralmente di mettere fuori gioco l'opposizione. La mediazione del Sudafrica, che il presidente Mbeki cerca porta avanti da 7 anni, tra il partito di governo, ZANU-PF (Unione Nazionale degli Africani dello Zimbabwe-Fronte Patriottico), e il principale partito dell’opposizione, il Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC) è stata finora inefficace. Mbeki non ha mai attaccato direttamente il dittatore zimbabwano, considerato uno dei simboli del “rinascimento africano” grazie alla riforma agraria del 1997, peraltro fallita, che ha espropriato 1471 fattorie di proprietà di bianchi per la redistribuzione. Con buona pace dell’Unione Europea e dell’Unione Africana, e grazie anche all’appoggio della Sadc, la Comunità per lo sviluppo dell’Africa Australe, il Sudafrica continua con la sua politica non interventista, incapace di prendere posizione anche per la delicata situazione interna all’ANC stesso, che dovrà dimostrarsi capace di passare da movimento di liberazione a partito di governo, e che già si interroga sul successore di Mbeki da presentare alle elezioni del 2009.

Fonte: Sara Milanese sul sito www.nigrizia.it

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