Parlo della consegna al Presidente ruandese Kagame del Premio “Abolizionista dell'anno” da parte dell'associazione Nessuno Tocchi Caino. Se ne è occupato Romani Prodi a fine agosto: Paul Kagame ha ricevuto il premio per aver abolito nel suo Paese la pena di morte per tutti i tipi di reato, incluso quello di genocidio. Si pensi che in Ruanda negli ultimi anni le condanna a morte non venivano più celebrate, ma vi erano ben 600 persone che attendevano di esservi sottoposte, che ora vedranno la loro pena tramutarsi in carcere a vita.
Le polemiche nate sulla consegna del Premio si sono avute principalmente negli ambienti dei missionari comboniani (vedi Nigrizia). In una lettera aperta padre Boscaini (su Fatmo una sua intervista) accusa Kagame di essere un dittatore e tra i responsabili delle violenze odierne in Repubblica Democratica del Congo.
Su questo punto allAfrica ci ricorda come, a causa della difficile situazione dell'ex-Zaire, non sia stato possibile per gli agenti dell'ONU appurare e verificare queste accuse.
Le Nazioni Unite hanno anche dovute affrontare negli ultimi mesi le polemiche sulla nomina del generale ruandese Karenzi Karake, capo delle operazioni al tempo dell'invasione dell'RD Congo, come comandante aggiunto della forza ibrida ONU-UA in Darfur (era un inciso, qui, alla data 22 agosto un bell'articolo in spagnolo).
Ancora secondo Boscaini, sarebbe stato proprio Kagame ad ordire il piano di abbattimento dell'aereo presidenziale. Lo scorso novembre la magistratura di Parigi ha inviato 9 mandati d'arresto contro stretti collaboratori di Kagame con l'accusa di aver abbattuto l'aereo presidenziale il 6 aprile 1994, episodio che diede inizio al genocidio.
È però un dato di fatto che su tale crimine deve ancora essere fatta completamente luce dai magistrati, se negli ultimi mesi è stata persino indagata la moglie dell'allora presidente Juvénal Habyarimana. Infatti sono due le ipotesi che si fronteggiano: una è, come sostiene il religioso, che il missile sia partito dal Fronte Patriottico Ruandese (RPF), formato principalmente da Tutsi esiliati, l'altra invece è che l'abbattimento sia stato voluto dalla frange estremiste del Partito Presidenziale, contrarie alla ratifica dell'accordo di Arusha (1993), che prevedeva uno spazio più ampio nella vita del Paese a favore dell'RPF.
Padre Luigi le Stocco dei Padri Saveriani riprende un altro argomento di questi giorni, cioè che l'abolizione della pena di morte da parte di Kagame nasconda l'obiettivo di ottenere l'estradizione di 43.000 sospettati di genocidio fuggiti dal Ruanda.
In un'intervista a Repubblica Kagame sostiene che le critiche mossegli non sono altro che calunnie. “Il premio è per il Ruanda e non per il suo Presidente, perché l'abolizione della pena di morte è un segnale forte del processo di riconciliazione cui aspirano i Ruandesi.”
Boscaini arriva a dire che è come aver dato il premio nobel della pace a Hitler.
Purtroppo da tempo conosciamo le posizioni dei Comboniani su questa questione che sono molto distanti dalle nostre, ma che naturalmente rispettiamo. Tuttavia paragonare Kagame a Hitler e definirlo uno dei peggiori criminali della storia è un falso clamoroso di cui gli autori di queste dichiarazioni non possono non essere consapevoli. Il genocidio degli ebrei voluto da Hitler ha in effetti un parallelo in Ruanda. Si da però il caso che Kagame e il gruppo etnico a cui egli appartiene non fosse dalla parte dei carnefici, ma da quella delle vittime, e che solo l’intervento delle sue truppe ha posto fine al genocidio, mentre la comunità internazionale stava a guardare.
Hitler in Rwanda c’era, anzi ce n’erano vari e sono tutti quegli estremisti Hutu, appartenenti al clan del vecchio presidente Habyarimana, che hanno concepito, istigato ed eseguito il genocidio. Purtroppo le simpatie di una parte della chiesa ruandese erano per gli Hutu senza fare troppe distinzioni fra estremisti e moderati. Ancora più grave è il fatto che in qualche caso questa simpatia si sia spinta fino alla complicità nel genocidio, come è testimoniato dai processi nei confronti di religiosi che sono stati condannati non dalla giustizia dei vincitori, ma da quella di paesi occidentali.
Forse per mitigare queste gravi responsabilità, alcune componenti della chiesa, di cui Nigrizia sembra voler fare parte, si sono lanciati in una campagna forsennata per cercare di dimostrare che in Ruanda non c’è stato un genocidio ma una guerra civile, e che al limite, se proprio si vuole parlare di genocidio, c’è stato un doppio genocidio. Ciò vuol dire che le responsabilità delle milizie genocidarie Hutu e dei soldati di Kagame si bilanciano. Questa tesi è semplicemente insostenibile. In Ruanda c’è stato un solo genocidio, voluto, pianificato ed eseguito nelle forme più crudeli da un gruppo ben identificato di estremisti Hutu che ha coinvolto una massa sterminata di ruandesi di etnia Hutu intossicati da una propaganda frenetica e trasformati in crudeli assassini capaci di uccidere a colpi di macete centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini. I piccoli teschi spaccati dal macete che si conservano nei siti/musei del genocidio ne sono una testimonianza agghiacciante. Ignorare tutto questo orrore e definire Kagame una sorta di Hitler non è soltanto un tentativo maldestro di manipolazione della storia, è anche un insulto alle vittime e ai sopravvissuti del genocidio. E’ ugualmente un insulto a tutti coloro, sacerdoti compresi, che hanno rischiato la vita per strappare vittime designate dalle mani dei carnefici e che oggi fanno una lettura della storia molto lontana da quella di Nigrizia.
Non c’è dubbio che le truppe di Kagame hanno commesso a loro volta dei crimini e che bisognerà fare il necessario perché questi crimini siano puniti. Non c’è dubbio che migliaia di ruandesi, molti innocenti, sono stati uccisi nel corso delle guerre che hanno fatto seguito al genocidio, in Ruanda e in Congo. Ma nessuno può accusare in buona fede Kagame di avere pianificato e istigato lo sterminio degli Hutu e quindi di essere responsabile di una qualche forma di genocidio. Quanto alle responsabilità nel genocidio dei Tutsi e degli Hutu moderati esse sono tragicamente chiare. Il genocidio fu scatenato su larga scala solo qualche ora dopo l’abbattimento dell’aereo del Presidente Habyarimana, il che vuol dire che era stato pianificato fin nei dettagli dagli esponenti del vecchio regime molto tempo prima. Ugualmente pianificate erano state le modalità del genocidio al quale doveva partecipare il maggior numero possibile di ruandesi. La strategia diabolica degli artefici del genocidio era infatti molto semplice: se tutti sono colpevoli nessuno è colpevole. Volontariamente o involontariamente le posizioni come quelle espresse da Nigrizia portano acqua al mulino degli ultimi irriducibili artefici del genocidio che sono ancora arroccati nelle foreste del Congo.
Kagame non è certamente un angelo e il Ruanda non è il più fulgido modello di democrazia di tipo occidentale. Ma prima di salire in cattedra e dare lezioni bisogna ricordare che solo tredici anni fa un gruppo di estremisti ha scatenato in questo paese il più orribile genocidio del secolo scorso con l’intento di sterminare il gruppo etnico al quale una grande parte del gruppo dirigente attuale appartiene. Le ferite di questo orrore sono ancora aperte, e ci vorrà più di una generazione prima che si rimarginino. Forse sarebbe più saggio accompagnare il processo in corso di riconciliazione nazionale, anche se imperfetto, piuttosto che inventare teorie che cerchino di cancellare le responsabilità che tutti abbiamo avuto nella tragedia ruandese per non avere saputo fermare il genocidio quando potevamo farlo e per avere aspettato troppo tempo prima di riconoscerlo.
Il premio di Nessuno Tocchi Caino laurea Kagame come abolizionista dell’anno, non come campione di democrazia o di difesa dei diritti umani. Il fatto che ad abolire la pena di morte e ad aderire alla campagna per la moratoria universale delle esecuzioni capitali sia stato un paese come il Ruanda con la sua tragica storia è per noi un fatto di grande valore simbolico. Per questo abbiamo attribuito il premio al Presidente Kagame e siamo fieri di averlo fatto.
Kagame è stato anche accusato di aver abolito la pena di morte solo per consentire l’estradizione dei sospetti criminali che si sono rifugiati all’estero, ma è una critica ingiusta, perché il problema della pena di morte in caso di estradizione è stato risolto in passato con l’esclusione della pena capitale a chi è stato riconsegnato alle autorità ruandesi. Da questo punto di vista, la sua abolizione in Ruanda è stato un atto gratuito e unilaterale. Inoltre il dibattito sull’abolizione ha coinvolto non soltanto le aule parlamentari, ma tutta la popolazione, dalle università fino all’ultimo villaggio del Paese.
Riconosciamo al presidente Kagame la volontà politica di aver guidato il suo Paese all’abolizione della pena di morte come tappa di un processo di riconciliazione nazionale riconosciuto e apprezzato dalla Comunità internazionale, e anche il suo impegno a partecipare della coalizione mondiale di paesi che vogliono la moratoria universale delle esecuzioni. Questo è il Ruanda che noi abbiamo premiato: un Paese che ha deciso di fare i conti con il suo passato e di farlo interrompendo l’assurdo ciclo della violenza, dell’odio e della vendetta. Nelle situazioni “al limite”, anche le più catastrofiche, ci interessa di più cogliere i segnali e i passi, magari di un centimetro, che vanno però nella direzione giusta e che guardano al futuro, piuttosto che cristallizzare tutto e tutti al proprio passato. Il Premio a Kagame è un investimento sul futuro del Ruanda, non un riconoscimento del suo passato.
Io non ne so abbastanza e cerco di non dare giudizi affrettati. Da un lato trovo eccessiva l'enfasi dei religiosi, che sembrano mettere assolutamente in secondo piano il genocidio ruandese (nella foto), come se non fosse avvenuto. In ogni intervento, ne parlano tra parentesi, come se fosse un pezzettino da trascurare, “a confronto di ciò che han fatto i Tutsi dopo”, sembra quasi che voglian dire. Sto banalizzando, ma a sentire la verve di Boscaini si legge proprio questo tra le righe.
Sono i religiosi che hanno da i tempi della colonizzazione rafforzato la differenza tra i due gruppi etnici, privilegiando i gruppi Hutu. Essi purtroppo continuano a marcare la differenza etnica, quando non dovrebbe più essere così: ora, anche sulle carte d'identità, esistono solamente i ruandesi. E se i missionari, che si chiamano così per qualcosa, se lo ricordassero un poco più spesso, sarebbe già qualcosa.
D'altro lato, l'aver insignito Kagame di questo premio è stata certamente una mossa azzardata, forse polemica ma certamente in parte sbagliata da parte di Nessuno Tocchi Caino, che in generale ha il mio pieno appoggio. Il sospetto che l'abolizione della pena di morte in questo caso sia strumentale è troppo forte per gridare al progresso, anche se spero vivamente di sbagliarmi.
Riferimenti: mi sento di consigliare il film Hotel Rwanda (2004), il quale, oltre ad essere la ricostruzione di una storia vera, è un film fatto bene e se non ricordo male il cast è composto di attori non professionisti, ad eccezione di una persona.
5 comments:
chi ha fatto precipitare l'aereo non si saprà mai, ma per quel che si capisce il missile non è partito da una zona controllata dai tutsi.
ha ragione boscaini, però, quando dice che il rwanda di kagame ha enormi responsabilità in quello che sta succedendo in congo. ricordo che passai un paio di giorni di vacanza a mombasa in una casa di vacanza dei comboniani. per caso in quei giorni c'era pure il generale dei comboniani (di cui però non ricordo il nome) che ebbe parole durissime nei confronti di kagame.
in seguito ebbi modo di approfondire la questione sui libri. sicuramente non è facile governare un paese in cui incontri per strada chi ha ammazzato i tuoi figli. kagame ha adottato sistemi magari non convenzionali, differenti da quelli prescritti dalla common wisdom occidentale, però sicuramente efficaci.
è uno spietato, ma mi pare sappia quello che sta facendo.
E' una faccenda così terribilmente intricata, che più cerco di leggere, informarmi e capire, più mi allontano dall'avere una risposta certa. Anche su questo, non so...
@ luca: sono d'accordo... sono abbastanza convinta che ciò avviene nel nord-est dell'RD Congo sia responsabilità di Kagame, ma non ci sono abbastanza evidenze empiriche, io penso, per fare le affermazioni che fanno i comboniani. Poi è anche vero che loro ci vivono e quindi potrebbero avere dei buonissimi argomenti. Anzi, tanto di cappello per quello che fanno. È questo privilegiare spesso, troppo spesso, gli hutu che trovo sbagliato. La chiesa non dovrebbe inviare un messaggio universalista?!
@ klochov: dillo a me :-)
come sono strane le guerre di oggi... uno fa la guerra di nascosto e per dimostrarlo chiede le prove empiriche. comunque al proposito c'è anche un rapporto dell'onu.
anche i preti sono uomini: se uno sta in una missione in cui sono passati e ripassati gli uomini di kagame a fargli casino, immagino farà fatica a tenere un punto di vista equilibrato.
luca, sono d'accordo con te, figurati... mi dai il riferimento del rapporto ONU se ce l'hai? Grazie mille in caso, mi interesserebbe molto! Ciao ciao
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