Charles Blé Goudé si autoproclama «général de la rue», «generale della strada» e con i gruppi dei "Giovani Patrioti" esegue assalti e violenze per il partito presidenziale, il Fronte Popolare Ivoriano (FPI), in particolare contro organi di stampa. Il pretesto sbandierato per le loro scorrerie è quello dell'insoddisfazione popolare.
La sua storia è assurda ed emblematica: nato nel 1972, nel 2002 ha conseguito un master in gestione e prevenzione dei conflitti in Inghilterra. Ritornato nel proprio Paese, il 26 settembre 2002 fonda l'"Alleanza dei Giovani Patrioti per il Balzo Nazionale", che si definisce da subito come un movimento combattente. Il 25 marzo 2004 lo ritroviamo a dare man forte alle forze dell'ordine durante la repressione delle forze d'opposizione che manifestano sostegno al processo di Marcoussis: si conteranno 120 morti e 20 dispersi scomparsi nelle file degli oppositori.
Nel maggio 2004 dichiara di non voler più vedere i giornali d'opposizione nelle edicole e che se ne assumerà le conseguenze. Di qui parte l'azione contro i giornali d'opposizione e l'assalto alla televisione RTI. Egli richiama alla violenza contro i ribelli ed i "colonialisti", specialmente i francesi ed i militari francesi.
All'inizio del 2006 i "Giovani Patrioti" aggrediscono ancora una volta dei giornalisti ed occupano la televisione pubblica per trasformarla in un organo di propaganda. Erigono barricate sulle strade di Abidjan contro le truppe delle Nazioni Unite.
Tutto ciò mentre il loro leader sostiene di ispirarsi ai principi della non-violenza e dichiara che i propri modelli sono Gandhi, Mandela e Martin Luther King.
I "Giovani Patrioti" non sono mai stato sanzionati nel loro Paese, ma vennero ufficialmente condannati dall'ONU. Essi considerano la stampa antagonista come un bersaglio e questo trattamento viene riservato anche ai mezzi di comunicazione stranieri che, dal loro punto di vista, devono esser fatti tacere a tutti i costi.
Fonte: http://www.rsf.org/article.php3?id_article=13584
Monday, 30 April 2007
Zimbabwe: repressioni e brutalità
27 Aprile 2007
Interessante anche questa testimonianza di un ragazzo scappato dal paese ed emigrato a Roma, che mostra il retro della medaglia degli effetti di questo regime dittatoriale, che spinge gli abitanti a scappare dal proprio paese per venire in Europa a subire nuove angherie e nuove ingiustizie.
Dal 2000 si assiste all'erosione del rispetto dei diritti umani in Zimbabwe. Caso eclatante fu la distruzione di massa di abitazioni e beni di sussistenza di 700.000 persone nel 2005.
Le violenze e le violazioni dei diritti umani nel Paese sono ormai all'ordine del giorno. L'11 marzo 2007 si celebrava nella capitale Harare un incontro di preghiera dell'"Alleanza Cristiana" a cura degli oppositori del regime. La polizia ha ucciso Gift Tandare, un attivista locale. Lo stesso giorno la polizia ha arrestato una cinquantina di persone, tra cui i leader dell'opposizione politica e altri attivisti, che prendevano parte a un incontro di preghiera. Molti degli arrestati sono stati picchiati brutalmente, fino al punto di subire torture, nella stazione di polizia di Machipisa, nella capitale. Morgan Tsvangirai, leader del Movimento per il Cambiamento Democratico, il partito all'opposizione, ha riportato una frattura mentre a Lovemore Madhuku dell'Assemblea costituente nazionale e' stato rotto un braccio. Altri due militanti dell'Mdc, Grace Kwinjeh e Sekai Holland, sono rimasti gravemente feriti. La polizia ha costretto i feriti a rimanere in cella, vietando loro di ricevere cure mediche e incontrare gli avvocati.
Elisa Burchett delle Nazioni Unite ha raccolto la testimonianza di Grace Kwinjeh, che l'11 marzo è stata arrestata e percossa brutalmente per la strada durante l'incontro di preghiera insieme agli altri attivisti. 4 ore di percosse le hanno provocato ferite interne del cranio e gravi ferite ai tessuti molli, in particolare ad un orecchio che le si era quasi staccato. Altre persone furono sottoposte a tortura insieme a lei.
È stata ulteriormente interrogata e torturata. Essendo la Deputata per le Relazioni Internazionali dell'mdc le è stato possibile recarsi in Sudafrica per le cure mediche necessarie. Da lì si recata al Quartier Generale delle Nazioni Unite per raccontare la propria storia e denunciare le violenze ed i soprusi messi in atto dall'attuale regime.
È stata ulteriormente interrogata e torturata. Essendo la Deputata per le Relazioni Internazionali dell'mdc le è stato possibile recarsi in Sudafrica per le cure mediche necessarie. Da lì si recata al Quartier Generale delle Nazioni Unite per raccontare la propria storia e denunciare le violenze ed i soprusi messi in atto dall'attuale regime.
Interessante anche questa testimonianza di un ragazzo scappato dal paese ed emigrato a Roma, che mostra il retro della medaglia degli effetti di questo regime dittatoriale, che spinge gli abitanti a scappare dal proprio paese per venire in Europa a subire nuove angherie e nuove ingiustizie.
Somalia: saccheggi e rapine
29 Aprile 2007
Il premier, Ali Mohammed Gedi, ha ordinato ai soldati di reinstaurare l'ordine nella città di Mogadiscio, rendendola sicura ed, in particolare, di porre termine alle rapine ai danni della proprietà privata che in questi giorni stanno attanagliando la città.
Il premier, Ali Mohammed Gedi, ha ordinato ai soldati di reinstaurare l'ordine nella città di Mogadiscio, rendendola sicura ed, in particolare, di porre termine alle rapine ai danni della proprietà privata che in questi giorni stanno attanagliando la città.
Friday, 13 April 2007
Algeria ed attacco terroristico: una riflessione
Raffaello Zordan
11 aprile 2007: 3 autobombe esplodono ad Algeri, almeno 24 morti, oltre 200 i feriti. Secondo la giornalista algerina Nacéra Benali il paese non è ripiombato negli anni ’90. Ma il pericolo islamista non va sottovalutato. Nemmeno in Europa.
Nacéra Benali è corrispondente del quotidiano algerino indipendente Al Watan. Vive da oltre dieci anni in Italia, dopo essere stata minacciata di morte dagli integralisti islamici del Gia a causa di un suo reportage sul terrorismo algerino. È autrice del libro Scontro di inciviltà (Sperling & Kupfer, 2005) sugli equivoci e i pregiudizi che segnano le relazioni tra i mondo occidentale e il mondo musulmano.
Con Benali abbiamo cercato di cogliere alcuni elementi del contesto algerino in cui sono maturati gli attentati dell’11 aprile ad Algeri, che hanno causato 24 morti e non meno di 200 feriti.
Questi attentati firmati ad Al Qaeda stracciano la “Carta per la pace e la riconciliazione nazionale” voluta dal presidente Bouteflika?
Negli ultimi cinque anni Algeri è stata una città normale. Era ritornata ad essere tranquilla e sicura. Ma questo attentato va colto in tutta la sua gravità. Sia per il modo in cui è avvenuto: ci sono state tre autobomba. Sia per gli obiettivi: colpire il palazzo del governo in pieno centro di Algeri, cioè nel punto che dovrebbe essere il più protetto, è una cosa grave. E poi c’è un fatto nuovo. Per la prima volta in Algeria, il terrorismo ha usato i kamikaze. E questa, non ci sono dubbi, è la firma di Al Qaeda.
Significa che il paese, dopo oltre 15 anni di guerra civile, di terrorismo e di violazione dei diritti umani da parte dell’esercito, non ha ancora trovato una via d’uscita credibile e sta tornando indietro?
L’Algeria non tornerà a vivere quello che ha vissuto negli anni Novanta, perché la società è molto vigile, perché l’ideologia integralista è stata rigettata dalla gente. Però è chiaro che il progetto di concordia civile, varato dal governo, è fallito, la pacificazione non c’è stata. Questo progetto peraltro non è stato condiviso dalle famiglie delle vittime del terrorismo, contrarie alla liberazione di terroristi. E infatti questi terroristi, una volta liberi, sono tornati a colpire.
Il Fis (Fronte islamico di salvezza) messo fuori legge nel 1992, mentre stava vincendo le elezioni: questa è la miccia che ha innescato lo scontro che è costato 200mila morti. Intanto il Fis rimane fuori legge, ai suoi dirigenti è proibita l’attività politica.
Quali sono i nodi da sciogliere?
Rilevo che questi attentati avvengono a ridosso delle elezioni politiche del 17 maggio. E questo è un rituale al quale ci siamo, diciamo così, abituati ad ogni scadenza elettorale. Si cerca di influenzare l’opinione pubblica. Ricordo che le autorità hanno vietato la partecipazione al voto di maggio di un partito islamista, che rifiuta la lotta armata ma che è comunque islamista.
Il progetto a lunga scadenza di chi compie gli attentati è di trasformare l’intero Maghreb in una repubblica islamista. Il progetto a breve è di far vedere che, dopo la guerra in Iraq, c’è un altro fronte della lotta islamista. E in effetti prima dell’Iraq i gruppi fondamentalisti maghrebini si muovevano in ordine sparso, mentre oggi – grazie alla guerra in Iraq – si sono raggruppati sotto la bandiera di Al Qaeda.
In questo quadro rischia anche l’Europa?
Già all’inizio degli anni ’90, intellettuali, giornalisti e osservatori politici algerini avevano dato l’allarme: l’islamismo prima o poi arriverà in Europa. Non sono stati ascoltati. Intanto in Algeria, Marocco, Tunisia, Libia ed Egitto si sono create reti islamiste che temo abbiano nel mirino anche l’Europa.
Fonte:www.nigrizia.it
11 aprile 2007: 3 autobombe esplodono ad Algeri, almeno 24 morti, oltre 200 i feriti. Secondo la giornalista algerina Nacéra Benali il paese non è ripiombato negli anni ’90. Ma il pericolo islamista non va sottovalutato. Nemmeno in Europa.
Nacéra Benali è corrispondente del quotidiano algerino indipendente Al Watan. Vive da oltre dieci anni in Italia, dopo essere stata minacciata di morte dagli integralisti islamici del Gia a causa di un suo reportage sul terrorismo algerino. È autrice del libro Scontro di inciviltà (Sperling & Kupfer, 2005) sugli equivoci e i pregiudizi che segnano le relazioni tra i mondo occidentale e il mondo musulmano.
Con Benali abbiamo cercato di cogliere alcuni elementi del contesto algerino in cui sono maturati gli attentati dell’11 aprile ad Algeri, che hanno causato 24 morti e non meno di 200 feriti.
Questi attentati firmati ad Al Qaeda stracciano la “Carta per la pace e la riconciliazione nazionale” voluta dal presidente Bouteflika?
Negli ultimi cinque anni Algeri è stata una città normale. Era ritornata ad essere tranquilla e sicura. Ma questo attentato va colto in tutta la sua gravità. Sia per il modo in cui è avvenuto: ci sono state tre autobomba. Sia per gli obiettivi: colpire il palazzo del governo in pieno centro di Algeri, cioè nel punto che dovrebbe essere il più protetto, è una cosa grave. E poi c’è un fatto nuovo. Per la prima volta in Algeria, il terrorismo ha usato i kamikaze. E questa, non ci sono dubbi, è la firma di Al Qaeda.
Significa che il paese, dopo oltre 15 anni di guerra civile, di terrorismo e di violazione dei diritti umani da parte dell’esercito, non ha ancora trovato una via d’uscita credibile e sta tornando indietro?
L’Algeria non tornerà a vivere quello che ha vissuto negli anni Novanta, perché la società è molto vigile, perché l’ideologia integralista è stata rigettata dalla gente. Però è chiaro che il progetto di concordia civile, varato dal governo, è fallito, la pacificazione non c’è stata. Questo progetto peraltro non è stato condiviso dalle famiglie delle vittime del terrorismo, contrarie alla liberazione di terroristi. E infatti questi terroristi, una volta liberi, sono tornati a colpire.
Il Fis (Fronte islamico di salvezza) messo fuori legge nel 1992, mentre stava vincendo le elezioni: questa è la miccia che ha innescato lo scontro che è costato 200mila morti. Intanto il Fis rimane fuori legge, ai suoi dirigenti è proibita l’attività politica.
Quali sono i nodi da sciogliere?
Rilevo che questi attentati avvengono a ridosso delle elezioni politiche del 17 maggio. E questo è un rituale al quale ci siamo, diciamo così, abituati ad ogni scadenza elettorale. Si cerca di influenzare l’opinione pubblica. Ricordo che le autorità hanno vietato la partecipazione al voto di maggio di un partito islamista, che rifiuta la lotta armata ma che è comunque islamista.
Il progetto a lunga scadenza di chi compie gli attentati è di trasformare l’intero Maghreb in una repubblica islamista. Il progetto a breve è di far vedere che, dopo la guerra in Iraq, c’è un altro fronte della lotta islamista. E in effetti prima dell’Iraq i gruppi fondamentalisti maghrebini si muovevano in ordine sparso, mentre oggi – grazie alla guerra in Iraq – si sono raggruppati sotto la bandiera di Al Qaeda.
In questo quadro rischia anche l’Europa?
Già all’inizio degli anni ’90, intellettuali, giornalisti e osservatori politici algerini avevano dato l’allarme: l’islamismo prima o poi arriverà in Europa. Non sono stati ascoltati. Intanto in Algeria, Marocco, Tunisia, Libia ed Egitto si sono create reti islamiste che temo abbiano nel mirino anche l’Europa.
Fonte:www.nigrizia.it
Thursday, 12 April 2007
Somalia: paura di tornare a casa
10 aprile, Nairobi
Malyuun Ibrahim dorme sotto un albero con 10 bambini da quando i recenti combattimenti l'hanno costretta ad abbandonare la sua casa nella zona nord di Mogadiscio. Ha 32 anni e gestisce un negozio. Si sono spostati nell'area Hawo Abdi per i profughi interni, un campo a sud del capitale.
I bambini, 4 suoi e 6 di altri parenti, hanno tra i 5 e i 14 anni e si sono spostati con lei: soffrono tutti di disturbi respiratori, dice il dottore del campo.
“Qui ci sono molti ammalati” sostiene Malyuun. Le priorità qui sono cibo, acqua e rifugio. Malyuun spera di trovare qualcosa con cui coprire l'albero in caso di pioggia.
Lei è una delle 10000 persone che hanno lasciato Mogadiscio in seguito agli scontri con le truppe etiopiche di due settimane fa.
Mentre in città è ritornata la calma, i profughi sono riluttanti all'idea di tornare a casa, poiché hanno paura di nuovi scontri, come riferisce la presidentessa di un gruppo della società civile arrivato qui per aiutare i profughi. Molti non credono però che il cessate-il-fuoco, stipulato il primo aprile tra i capi clan e gli etiopici, possa durare.
Mahamud Sahid, uno dei tre dottori volontari che visitano i profughi del campo riferisce che la salute di queste persone sta peggiorando. Molti soffrono di diarrea e di disturbi respiratori e della pelle: il 90% dei pazienti sono bambini. Egli aggiunge anche che molti dei profughi erano già deboli e che necessitano di un tetto prima dell'inizio delle piogge Gu, che di solito arrivano in aprile.
Intanto, i capi clan che hanno negoziato la tregua con le truppe etiopiche affermano che sono state uccise 1000 persone e ne sono state ferite oltre 4000 e la maggior parte di essi errano civili. Ritengono necessario l'intervento di una forza internazionale per constatare le devastazioni. Continuano le trattative tra gli Hawiye e gli etiopici, che si stanno prodigando affinché la tregua regga, riferiscono i capi clan.
Fonte: allafrica.com
Malyuun Ibrahim dorme sotto un albero con 10 bambini da quando i recenti combattimenti l'hanno costretta ad abbandonare la sua casa nella zona nord di Mogadiscio. Ha 32 anni e gestisce un negozio. Si sono spostati nell'area Hawo Abdi per i profughi interni, un campo a sud del capitale.
I bambini, 4 suoi e 6 di altri parenti, hanno tra i 5 e i 14 anni e si sono spostati con lei: soffrono tutti di disturbi respiratori, dice il dottore del campo.
“Qui ci sono molti ammalati” sostiene Malyuun. Le priorità qui sono cibo, acqua e rifugio. Malyuun spera di trovare qualcosa con cui coprire l'albero in caso di pioggia.
Lei è una delle 10000 persone che hanno lasciato Mogadiscio in seguito agli scontri con le truppe etiopiche di due settimane fa.
Mentre in città è ritornata la calma, i profughi sono riluttanti all'idea di tornare a casa, poiché hanno paura di nuovi scontri, come riferisce la presidentessa di un gruppo della società civile arrivato qui per aiutare i profughi. Molti non credono però che il cessate-il-fuoco, stipulato il primo aprile tra i capi clan e gli etiopici, possa durare.
Mahamud Sahid, uno dei tre dottori volontari che visitano i profughi del campo riferisce che la salute di queste persone sta peggiorando. Molti soffrono di diarrea e di disturbi respiratori e della pelle: il 90% dei pazienti sono bambini. Egli aggiunge anche che molti dei profughi erano già deboli e che necessitano di un tetto prima dell'inizio delle piogge Gu, che di solito arrivano in aprile.
Intanto, i capi clan che hanno negoziato la tregua con le truppe etiopiche affermano che sono state uccise 1000 persone e ne sono state ferite oltre 4000 e la maggior parte di essi errano civili. Ritengono necessario l'intervento di una forza internazionale per constatare le devastazioni. Continuano le trattative tra gli Hawiye e gli etiopici, che si stanno prodigando affinché la tregua regga, riferiscono i capi clan.
Fonte: allafrica.com
Tuesday, 10 April 2007
Benin: vittoria provvisoria della coalizione presidenziale
Cotonou, 9 aprile
Secondo l'annuncio della Corte Costituzionale i risultati provvisori delle elezioni legislative del 31 marzo vedono in testa la coalizione che supporta l'attuale presidente Boni Yayi.
La Forza per un Benin Emergente ha preso 35 seggi su 83, seguito dall'Alleanza pe runa Democrazia Dinamica con 20 seggi, la quale include il Partito dell'ex-presidente Nicéphore Soglo.
Il partito di Rinnovamento Democratico del leader dell'opposizione Adrien Houngbédji si è aggiudicato 10 seggi, mentre i rimanenti sono andati a partiti minori.
C'è stato un turn-over per l'80% dei seggi, segno della voglia di cambiamento da parte dei votanti, come notato dagli osservatori. Inoltre, queste sono state le quinte elezioni legislative per il Paese, da quando è avvenuta la transizione alla democrazia nel 1990.
Alcuni sostengono che il loro nome non sia apparso nelle liste nonostante si fossero previamente registrati.
Il PResidente Yayi, un ex-banchiere e neo-politico, è stato eletto l'anno scorso con un programma finalizzato a porre fine alla corruzione e ai crimini finanziari, per reintrodurre l'etica nelle istituzioni statali.
Le elezioni legislative sono state posposte di una settimana al fine di permettere alla Commissione Nazionale per le Elezioni di assicurare la libertà e l'equità delle elezioni.
Fonte:www.allafrica.com
Secondo l'annuncio della Corte Costituzionale i risultati provvisori delle elezioni legislative del 31 marzo vedono in testa la coalizione che supporta l'attuale presidente Boni Yayi.
La Forza per un Benin Emergente ha preso 35 seggi su 83, seguito dall'Alleanza pe runa Democrazia Dinamica con 20 seggi, la quale include il Partito dell'ex-presidente Nicéphore Soglo.
Il partito di Rinnovamento Democratico del leader dell'opposizione Adrien Houngbédji si è aggiudicato 10 seggi, mentre i rimanenti sono andati a partiti minori.
C'è stato un turn-over per l'80% dei seggi, segno della voglia di cambiamento da parte dei votanti, come notato dagli osservatori. Inoltre, queste sono state le quinte elezioni legislative per il Paese, da quando è avvenuta la transizione alla democrazia nel 1990.
Alcuni sostengono che il loro nome non sia apparso nelle liste nonostante si fossero previamente registrati.
Il PResidente Yayi, un ex-banchiere e neo-politico, è stato eletto l'anno scorso con un programma finalizzato a porre fine alla corruzione e ai crimini finanziari, per reintrodurre l'etica nelle istituzioni statali.
Le elezioni legislative sono state posposte di una settimana al fine di permettere alla Commissione Nazionale per le Elezioni di assicurare la libertà e l'equità delle elezioni.
Fonte:www.allafrica.com
Sunday, 8 April 2007
Somalia: I leader dei clan biasimano gli States per la Crisi
Mogadiscio, 7 Aprile
I tradizionali anziani della potente tribù somala Hawiye hanno accusato Washington di essere responsabile dell'attuale crisi nella capitale Mogadiscio.
Hussein Siad Qoor-Gaab, portavoce del comitato per il cessate il fuoco degli Hawiye ha detto alla Radio Shabelle che il Governo degli Stati Uniti è dietro ciò che sta avvenendo a Mogadiscio.
Aggiunge anche che "gli Stati Uniti sostengono l'aggressione etiopica contro la Somalia."
Perché le Nazioni Unite, dice, non parlano di ciò che sta avvenendo e sta a gurdare la carneficina di civili nella capitale? Egli richiede l'intervento immediato della comunità internazionale che, per il momento, non sembra arrivare.
Fonte:allafrica.com
I tradizionali anziani della potente tribù somala Hawiye hanno accusato Washington di essere responsabile dell'attuale crisi nella capitale Mogadiscio.
Hussein Siad Qoor-Gaab, portavoce del comitato per il cessate il fuoco degli Hawiye ha detto alla Radio Shabelle che il Governo degli Stati Uniti è dietro ciò che sta avvenendo a Mogadiscio.
Aggiunge anche che "gli Stati Uniti sostengono l'aggressione etiopica contro la Somalia."
Perché le Nazioni Unite, dice, non parlano di ciò che sta avvenendo e sta a gurdare la carneficina di civili nella capitale? Egli richiede l'intervento immediato della comunità internazionale che, per il momento, non sembra arrivare.
Saturday, 7 April 2007
Madagascar: il referendum.... è assolutamente passato!!!!
Eh, sì, c'era da aspettarselo, ma volevo crederci almeno per un poco. Con un tasso di partecipazione al 41% (il più basso della storia malgascia e comunque invalido in qualsiasi Paese dotato di una Costituzione generica) e attraverso la falsificazione dei voti (mancanza dei rappresentanti del No agli uffici elettorali, mancanza delle schede per il No, come mostrava la vignetta del Madagascar Tribune di qualche giorno fa) il referendum è passato. I malgasci era fortemente contrari a questo referendum, su questo non c'è dubbio. Per altro, soprattutto nelle zone colpite pesantemente dai cicloni nei mesi passati, la gente era fortemente scontenta della politica governativa.
E c'è di peggio. Il Presidente ha proclamato le elezioni anticipate per i Senatori ed i Sindaci delle città entro la fine dell'anno. Praticamente per tutti gli organi dotati di potere eccetto se stesso e i Deputati (per i quali probabilmente se la sente di aspettare fino al 2008).
Ne vale anche la vignetta, ingenua forse, ma autentica... "Il pic-nic dei poveri" E non tacciamo di ingenuità gente che vive con meno di un dollaro al giorno, che in Madagascar rappresentano la metà della popolazione.
Buona Pasqua.
Si fa per dire naturalmente.
E c'è di peggio. Il Presidente ha proclamato le elezioni anticipate per i Senatori ed i Sindaci delle città entro la fine dell'anno. Praticamente per tutti gli organi dotati di potere eccetto se stesso e i Deputati (per i quali probabilmente se la sente di aspettare fino al 2008).
Ne vale anche la vignetta, ingenua forse, ma autentica... "Il pic-nic dei poveri" E non tacciamo di ingenuità gente che vive con meno di un dollaro al giorno, che in Madagascar rappresentano la metà della popolazione.
Buona Pasqua.
Si fa per dire naturalmente.
Zimbabwe: assassinato cameraman
Secondo i report del giornale britannico "The Indipendent", un cameraman freelance dello Zimbabwe, Edward Chikombo, è stato prelevato dalla sua casa fuori Harare, la capitale. Il suo corpo è stato trovato vicino al villaggio di Darwendale, a 80 chilometri dalla città. Il giornale inglese sostiene che l'uccisione di Chikombo possa essere legata alla fuoriuscita dai confini statali delle immagini televisive del grave ferimento del leader dell'opposizione, Morgan Tsvangirai, che venne percosso dalla polizia l'11 marzo 2007.
Il pestaggio del leader, avvenuto mentre lasciava il palazzo di giustizia della capitale, che ha comportato una sospetta frattura del cranio e un periodo di permanenza in ospedale, ha provocato critiche dagli osservatori contro il governo del paese. Le immagini sono state pubblicate illegalmente, senza passare prima per il controllo della censura.
Il governo ha rifiutato di prendere posizione e non ha né confermato né negato il proprio coinvolgimento , ma il Presidente Robert Mugabe ha parlato del diritto della polizia di "colpire violentemente" l'opposizione.
Fonte: Allafrica.com
Il pestaggio del leader, avvenuto mentre lasciava il palazzo di giustizia della capitale, che ha comportato una sospetta frattura del cranio e un periodo di permanenza in ospedale, ha provocato critiche dagli osservatori contro il governo del paese. Le immagini sono state pubblicate illegalmente, senza passare prima per il controllo della censura.
Il governo ha rifiutato di prendere posizione e non ha né confermato né negato il proprio coinvolgimento , ma il Presidente Robert Mugabe ha parlato del diritto della polizia di "colpire violentemente" l'opposizione.
Fonte: Allafrica.com
Friday, 6 April 2007
Farmaco a basso costo direttamente dalla GlaxoSmithKline!
Si chiama Globorix, è prodotto dalla GlaxoSmithKline e, a giudicare dai test effettuati, è in grado di combattere la diffusione della meningite e di altre sei malattie. Verrà diffuso dal 2008 in Africa e Medio Oriente e la ditta produttrice non si aspetta di recuperare le spese.
Per la prima volta nella sua storia, il colosso farmaceutico europeo ha iniziato i procedimenti di registrazione per un farmaco da cui non si aspetta ricavi. Verrà infatti venduto a basso costo in zone sottosviluppate o in via di sviluppo.
E’ stato prodotto secondo le direttive dell’articolo 58 dell’Agenzia Farmaceutica Europea (EMEA), la quale, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, da la propria opinione circa l’efficacia, la qualità e la sicurezza di prodotti farmaceutici destinati unicamente all’utilizzo al di fuori dei confini dell’Unione Europea.
Grazie a tale disposizione è possibile rendere disponibile alle popolazioni indigenti e bisognose farmaci che hanno comunque elevati standard di sicurezza ed efficacia. Un solo farmaco per combattere ben sette malattie: oltre alle più gravi, le meningiti di tipo A e C, è stata certificata l’efficacia contro la difterite, il tetano, la pertosse, l’epatite B e l’emofilia di tipo B.
L’arrivo di questo farmaco rivoluzionerà la lotta alla meningite in Africa, e il controllo della malattia nelle zone endemiche. Senza trattamenti, la malattia ha una mortalità pari a circa il 50%, e la morte può arrivare anche solo dopo 24 ore dalla manifestazione dei sintomi. Essere in grado di prevenirla anche in aree disagiate, dunque, è un buon passo in avanti.
Il ritorno di immagine per la Glaxo è certo, soprattutto perché sembra aver fatto marcia indietro rispetto alla politica perseguita fino a qualche anno fa. Solo uno strato di Maquillage? Probabilmente sì, ma se ciò potrà salvare delle vite..... Ben venga!!
Alberto Manara per nigrizia.it
Per la prima volta nella sua storia, il colosso farmaceutico europeo ha iniziato i procedimenti di registrazione per un farmaco da cui non si aspetta ricavi. Verrà infatti venduto a basso costo in zone sottosviluppate o in via di sviluppo.
E’ stato prodotto secondo le direttive dell’articolo 58 dell’Agenzia Farmaceutica Europea (EMEA), la quale, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, da la propria opinione circa l’efficacia, la qualità e la sicurezza di prodotti farmaceutici destinati unicamente all’utilizzo al di fuori dei confini dell’Unione Europea.
Grazie a tale disposizione è possibile rendere disponibile alle popolazioni indigenti e bisognose farmaci che hanno comunque elevati standard di sicurezza ed efficacia. Un solo farmaco per combattere ben sette malattie: oltre alle più gravi, le meningiti di tipo A e C, è stata certificata l’efficacia contro la difterite, il tetano, la pertosse, l’epatite B e l’emofilia di tipo B.
L’arrivo di questo farmaco rivoluzionerà la lotta alla meningite in Africa, e il controllo della malattia nelle zone endemiche. Senza trattamenti, la malattia ha una mortalità pari a circa il 50%, e la morte può arrivare anche solo dopo 24 ore dalla manifestazione dei sintomi. Essere in grado di prevenirla anche in aree disagiate, dunque, è un buon passo in avanti.
Il ritorno di immagine per la Glaxo è certo, soprattutto perché sembra aver fatto marcia indietro rispetto alla politica perseguita fino a qualche anno fa. Solo uno strato di Maquillage? Probabilmente sì, ma se ciò potrà salvare delle vite..... Ben venga!!
Alberto Manara per nigrizia.it
Madagascar: il referendum non è assolutamente passato!!!!
La più bassa affluenza alle urne nella storia del Paese e i voti sfavorevoli sono in maggioranza. Basti pensare che nella capitale stessa, ove da più di 10 anni il Presidente vince le elezioni (prima come sindaco e poi due volte come Presidente della Repubblica) e sua roccaforte dal punto di vista del bacino di preferenze, ha votato favorevolmente solo il 35% dei votanti.
Ciò è avvenuto grazie all'influenza dell'organismo rappresentante la Chiesa Cristiana (Cattolica, Protestante, Luterana ed Anglicana) in Madagascar.
In altri termini, per una volta (ma tranquilli, sarà l'unica!), ringrazio che esista un organo così potente, che ingerisca nella vita politica e contrasti un potere che ormai è a pochi passi dal divenire qualcosa di diverso da una rappresentanza democratica. Per il momento, è stato fermato.
Ciò è avvenuto grazie all'influenza dell'organismo rappresentante la Chiesa Cristiana (Cattolica, Protestante, Luterana ed Anglicana) in Madagascar.
In altri termini, per una volta (ma tranquilli, sarà l'unica!), ringrazio che esista un organo così potente, che ingerisca nella vita politica e contrasti un potere che ormai è a pochi passi dal divenire qualcosa di diverso da una rappresentanza democratica. Per il momento, è stato fermato.
Subscribe to:
Posts (Atom)