Monday, 30 June 2008

Racconti eritrei

Direct evidences from Eritrea

Due testimonianze di giovani del Corno d'Africa. I nomi sono fittizi.


H
ayat, 21 anni - Mi sono rifiutata di fare il servizio militare [in Eritrea è obbligatorio sia per i maschi che per le femmine]. Le mie amiche mi avevano raccontato i problemi che le ragazze devono affrontano: lavori pesanti, molestie sessuali, violenza, discriminazione.
Il mio fidanzato si trova in Norvegia e mi chiese di andare a Khartoum.' ci avrebbe pensato lui a prepararmi i documenti.
Riuscii a falsificare la mia carta d'identità e un permesso di viaggio fino a Tesenei, al confine con il Sudan. Mi costarono $1500. Sfortunatamente al posto di blocco di Tesenei fui arrestata e messa in prigione. Restai per due mesi in una cella dove fui picchiata quotidianamente. Mi chiedevano di rivelare i complici che mi avevano aiutata a falsificare i documenti. Ero picchiata quotidianamente con bastoni e una frusta di cuoio. Tre volte hanno messo una candela accesa sotto la mia vagina per ottenere la confessione.
Dopo due mesi, quando mi fecero passare in una piccolo stanza con altre 10 ragazze, mi sentii meglio. Dopo una settimana confidenzialmente venni a sapere che due delle ragazze erano spie governative. Ci davano una tazza di tè e una zuppa di lenticchie al giorno. Dopo altri 5 mesi fui trasferita a Wia, un posto malfamato vicino a Massawa, per addestramento militare. Vi restai per altri 12 mesi in condizioni severe, dure. Alla fine tomai a casa. La dottoressa mi disse che, a causa dei colpi ricevuti ho bisogno di un immediate intervento chirurgico al seno destro e aggiunse che dubita che io possa avere dei bambini. Mi hanno rovinato la vita... (e scoppia in un pianto dirotto).
Agos, 31 anni - A Debre Zeit, in Etiopia, ho completato i miei studi di ingegnere meccanico aeronautico. Ho poi lavorato all'aeroporto di Addis per 5 anni. Quando scoppiò la guerra dei confini sono stato deportato dall'Etiopia in Eritrea. Mio padre, che era un etiopico, morì nel 1989. Ad Addis lasciai mia madre, due sorelle e la mia fidanzata. Quando raggiunsi Asmara andai da mio zio, felice d'essere ritornato in un' Eritrea indipendente.
Dopo una settimana mi recai all'aeroporto dell'Asmara per cercare lavoro. Mi dissero di tornare dopo una settimana. Al mio ritorno trovai una macchina ad aspettarmi che mi portò in prigione per ragioni totalmente sconosciute. Per tre mesi restai confinato in una cella. Non subii alcun interrogatorio. Poi mi misero assieme ad altri e vi rimasi per altri 18 mesi. Ancora nessun interrogatorio. Un giorno venne un ufficiale che mi disse di tornare a casa e mi ordinò dì non rivelare ad alcuno quello che era accaduto. Quando osai chiedere perché ero stato arrestato, mi fece riportare in prigione. Vi rimasi per altri 45 giorni. Quando fui liberato, mi fu dato lo stesso avvertimento. Io non aprii bocca e tomai da mio zio. Non conosco ancora il mio crimine. Ho perso la mia famiglia, ho perso il mio lavoro e desidero solamente ritornare ad Addis dove sono nato.

Fonte e approfondimenti: nigrizia.it

Friday, 27 June 2008

Firma la petizione ai Capi di Stato del G8 per il Darfur

Italians for Darfur sostiene in Italia l'iniziativa di Human Rights First sulla petizione ai Capi di Stato del G8 affinchè prendano una decisione concreta sulla crisi del Darfur.

In due settimane i capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8 (USA, Canada, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Russia) si incontreranno durante il summit annuale in Giappone per discutere di questioni di interesse globale.
É evidente come la violenza in Darfur, che ha provocato piú di 300.000 morti e 2.000.000 di sfollati, sia una questione di interesse globale.

L’imminente summit del G8 di Hokkaido, Giappone, si colloca in un momento particolarmente delicato per la popolazione del Darfur e di tutto il Sudan. L’intensificarsi delle violenze in Darfur ha causato centinaia di morti e di sfollati. I recenti combattimenti di Abyei pongono a rischio il già fragile Comprehensive Peace Agreement (CPA) tra il nord e il sud del Paese.
Il Governo del Sudan e il mondo intero presteranno la massima attenzione al G8.
La scorsa settimana oltre 40 organizzazioni non governative, in rappresentanza di tutti gli Stati membri del G8 e del Sudan, hanno inviato un appello ai Capi di Stato e di Governo del G8 e del Sudan, esortando l’adozione delle seguenti misure:

• Cessazione immediata delle violenze in Darfur.
• Interruzione del trasferimento, diretto o indiretto, di armi in Darfur, il quale avviene in palese violazione dell’embargo delle Nazioni Unite
• Rapido dispiegamento della forza di peacekeeping in Darfur (United Nations African Mission in Darfur - UNAMID).
• Un rafforzato processo di pace in Darfur.
• Giustizia e responsabilità per i crimini commessi.

Clicca qui per unirti ad attivisti di tutto il mondo e per chiedere ai leader del G8 di prendere una decisa posizione, inclusa una promessa di azioni concrete, contro le violenze in Darfur e Sudan.

Sunday, 22 June 2008

Lack of democracy


Tsvangirai decides to pull out of the presidential run-off

Sembra che
Morgan Tsvangirai (foto della BBC) abbia deciso di ritirarsi dal ballottaggio presidenziale (cronistoria su questo blog) di venerdi' prossimo contro il Presidente uscente Robert Mugabe. Se confermata durante la conferenza stampa odierna, questa potrebbe essere la peggior notizia che ci si poteva attendere per il futuro della democrazia dello Zimbabwe. Tale scelta sarebbe stata determinata dal clima di violenza ed insicurezza che Mugabe ha determinato negli ultimi mesi nel Paese, al fine di assicurarsi la vittoria (AGI).

Alii: BBC

L'UNHCR chiede l'invio rapido della forza di peace-keeping

L'alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), Antonio Guterres, ha chiesto di dispiegare una forza internazionale di pace in Somalia per risolvere quella che considera una delle peggiori crisi umanitarie dei tempi moderni. «È importante - ha detto Guterres da Nairobi - che vengano trovate risorse per una forza internazionale che riporti stabilità nel Paese, come previsto nel recente accordo di pace di Gibuti».

L'accordo dei primi di giugno tra il governo di transizione somalo e alcuni leader moderati all'opposizione prevede il cessate il fuoco in seguito al dispiegamento dei peacekeepers dell'Onu. [..]

Alla sigla dell'accordo di Gibuti non ha però partecipato il gruppo islamico Al-Shabaab. Il Pam, Programma alimentare mondiale, ha avvertito che entro la fine dell'anno circa 3,5 milioni di somali potrebbero dover dipendere dagli aiuti internazionali per sfamarsi, a causa del conflitto in corso, della siccità e dell'aumento dei prezzi alimentari.

Fonte: vita.it

Friday, 20 June 2008

Giornata mondiale del rifugiato

Nel 2007 il numero di rifugiati è salito a 67 milioni di persone. Lo afferma il rapporto annuale Global Trends 2007 pubblicato qualche giorno fa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati(Acnur/Unhcr), in vista dell'odierna giornata mondiale del rifugiato.
16 milioni di loro sono persone che scappano da un conflitto o da persecuzioni politiche, il 15,15% in più rispetto al 2006, mentre gli altri 51 milioni sono ‘sfollati, anche interni al proprio paese. Aumentano anche i richiedenti asilo: 647.200 domande nel 2007, un record.
I dati, per il secondo anno consecutivo, sono in crescita, un trend che segue un periodo in cui invece i numeri erano in calo. A determinare l’incremento del numero di persone in fuga dalla propria terra influiscono molto la situazione di Iraq e Afghanistan. Aumentato, del 6,5%, anche il numero degli “sfollati” a causa di violenze di vario genere: oltre 26 milioni nel 2007. Dopo la Colombia e l’Iraq, la nazioni col maggior numero di sfollati sono la Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda e la Somalia.
Quest’anno la giornata del Rifugiato è dedicata al tema della protezione, intesa sia come difesa del diritto d'asilo che come riparo ed aiuto umanitario.
Un intento che sembra sfidare la tendenza politica attuale, dopo l’approvazione della nuova direttiva rimpatri da parte del parlamento Europeo, che di fatto colpisce anche i candidati all’asilo e nega loro la tutela adeguata, perché li considera stranieri irregolari. Le agenzie Onu e le Ong che si occupano di rifugiati chiedono da anni che l’Europa si doti di una legge comune per la gestione e la tutela dei richiedenti asilo. Una richiesta rimasta inascoltata per lungo tempo, e che cominica ora un lungo percorso: la Commissione Europea ha presentato prorpio questa settimana un piano europeao per una politica sull'asilo.
“La responsabilita’ di garantire asilo politico ricade in modo sproporzionato sui paesi in via di sviluppo che, nonostante le loro risorse limitate, sostengono l’onere di ospitare un grande numero di rifugiati” è stato il messaggio lanciato oggi dal Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha invocato una maggiore solidarietà internazionale per ripartire l’onere della protezione e soprattutto per affrontare cause e conseguenze dei flussi di migrazioni e di profughi, per poter garantire “ai rifugiati la tutela che meritano per aiutarli a tornare un giorno a casa in sicurezza e dignità”. Un obiettivo ancora lontano: secondo Laura Boldrini, Alto Commissario Onu per i rifugiati, sarebbero meno della metà, solo 32 milioni, i profughi che ricevono attualmente assistenza.

Fonte: nigrizia.it

Wednesday, 18 June 2008

Il rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia, arrestato in Ciad

Inoltro da Italian blogs for darfur

Suleiman è il nome vero di un uomo. Non uno come tanti in Darfur, smarrito nell'abaco freddo della statistica, ma un uomo che è anche un amico. Come tanti, in Darfur, Suleiman cerca di portare un pò di luce nelle tenebre sanguinarie che circondano la sua gente. Ha lasciato la sua famiglia al confine con il Ciad, per giungere in Italia anni fa e denunciare quanto accadeva nella sua terra. Rifugiato, non ha smesso di lottare per sopravvivere anche in Italia. L'abbiamo conosciuto anche noi, quando muovevamo incerti i primi passi, e abbiamo trovato lui, nel suo sguardo che basta da solo a raccontare il silenzio dentro.

Da qualche mese è tornato in Ciad, per ricongiungersi alla sua famiglia, per fotografare quanto orrore ancora, dopo cinque anni almeno, si abbatte sui profughi del Darfur.
Abbiamo raggiunto telefonicamente un suo amico a Parigi, Adam. Che ci ha spiegato cosa accade ora a Suleiman, figlio indomito del Darfur.

"On June 13, 2008, the Government of Chad arrest Solyman in a displaced persons camp in eastern Chad at a distance of about 65 kilometers from the area of Tina .
Accused of having instigated the citizens to work against the government of Chad and he came from Italy to urge citizens to work in the opposition ranks Chad.
The fact is that the Sudanese governments is the main reason behind his detention and clarify that as follows:
In the camps of displaced there are security men affiliated to the Government of Chad, but the Sudanese government pay large sums of money for them to make scenarios so as to serves the Sudanese government and his goals
According to that, the security men whom I refer to them above they lying to the government of Chad and they say that ,Solomon come to the camps aimed to inciting citizens and every day he meets by them for that goal.
The Government of Chad was simple and naive ,they are believed that lies and was arrested him and now in the investigation".

Attendiamo con speranza e fiducia la conclusione di questo spiacevole momento.

Fortezza Europa

Su 'Repubblica' di oggi il pezzo principale è dedicato all'ennesima legge ad personam del Premier (che, perlomeno nella mia percezione, non ha mai smesso di esser tale dal 2001) ed il terzo pezzo per importanza è dedicato alla strage di migranti avvenuta ieri nel Mediterraneo, in cui hanno perso la vita 150 persone.

L'ordinamento degli eventi mi è poco chiaro, per utilizzare un eufemismo. A mio avviso, la morte anche di una sola persona, morta a causa del sistema economico perverso in cui viviamo, ha la priorità assoluta su qualsiasi stronzata berlusconiana. Ma certo io non so quale sia il modo per vendere i giornali, per cui vediamoli con ordine.

Chiariamo innanzitutto che né l'una né l'altra notizia costituisce un evento. Sono fatti cui siamo stati tristemente abituati. Berlusconi è all'ennesima legge ad personam e, per quanto potrà “indignarsi” Veltroni, Berlusconi riuscirà prima o poi a farla passare, grazie alla sua maggioranza schiacciante. Voglio dire, se gli italiani lo hanno rivotato dopo 5 (o quello che sono) leggi ad personam, non capisco che differenza faccia la “sesta”. Sì, abbiamo capito, volete dirci che si tratta sempre del vecchio caimano? Personalmente quest'anno non ho pensato che fosse cambiato neanche per una frazione di secondo. Insomma, chi lo conosce, non aveva bisogno di questa goffa mossa per capirlo.

I migranti africani, d'altro lato, continuano a morire senza sosta nel Mediterraneo, muoiono nei Centri di Permanenza Temporanea, muoiono attraversando il deserto del Sahara, muoiono sul posto di lavoro. Paesi teoricamente civili quanto il nostro come la Spagna sparano all'avvistamento delle imbarcazioni dei migranti, manco fossimo nel Medioevo. I giornali, invece, parlano esclusivamente di sicurezza, di spaccio, di stupri; di morti nel Mediterraneo ne parlano quando ce n'è un numero sufficiente a fare notizia.

Non si parla mai dico mai di quanto susciti scandalo la disparità economica tra Nord e Sud del Mondo, e che questa sia la causa delle migrazioni regolari ed irregolari verso il Continente: si parla solo di come rinchiuderci meglio nella nostra Fortezza Europa.

Io questa la chiamo mancanza di PERCEZIONE DELLA REALTÀ oppure Italocentrismo, se vi piace di più.

Saturday, 14 June 2008

Scontri tra Gibuti ed Eritrea

Almeno nove morti e 60 feriti tra i soldati di Gibuti, al termine di 3 giorni di scontri con le truppe eritree al confine tra i due paesi del corno d’Africa.
Le autorità di Gibuti accusano Asmara di aver lanciato un attacco contro le posizione gibutiane a Ras Doumeira, regione nel nord del paese, già causa di scontri nel 1996 e nel 1999.
I militari eritrei avrebbero oltrepassato il confinato per inseguire una trentina di disertori (il servizio civile in Eritrea è obbligatorio per maschi e femmine e dura due anni) e, una volta entrati nel paese, avrebbero poi aperto il fuoco contro i soldati gibutiani.

Gli scontri sarebbero quindi proseguiti per tre giorni. Isaias Afeworki, dittatore dell’Eritrea, respinge le accuse, e accusa Gibuti di campagna diffamatoria. Però non nega né smentisce la notizia degli scontri. No comment nemmeno sulla presunta cattura di 100 militari di Asmara da parte delle truppe di Gibuti. [..]

Ma Gibuti è anche un importante alleato di Stati Uniti e Francia, dai quali viene protetto perché ne ospita le basi militari. Non sono per niente buoni invece i rapporti tra Eritrea e paesi europei e occidentali: Asmara è accusata di sostenere i ribelli islamici somali e di impedire così il dispiegamento dei peacekeepers nella vicina Somalia. [..]

Articolo completo: nigrizia.it

Wednesday, 11 June 2008

Firmato l'accordo tra Governo e Fnl in Burundi

Il 26 maggio il governo burundese ha raggiunto un accordo di cessate il fuoco incondizionato con l’ultimo gruppo militare ribelle ancora attivo nel piccolo paese della regione dei Grandi Laghi. L’intesa, che potrebbe mettere fine alla guerra civile iniziata nel 1993, è stata siglata dopo sei settimane di intensi combattimenti tra le truppe governative e i guerriglieri dell’Fnl, le Forze nazionali di liberazione. Combattimenti che hanno causato un centinaio morti e migliaia di sfollati.
La trattativa è stata mediata dal Sudafrica che ha inviato in Burundi un contingente di pace e la cui diplomazia è molto attiva nella regione dei Grandi Laghi. Pasteaur Habimana, portavoce del Partito per la Liberazione del Popolo Hutu-Fnl, (Palipehutu-Fnl), il braccio politico delle Forze nazionali, [..] è ottimista.
I ribelli fanno parte della minoranza hutu del paese, che si è sentita minacciata dopo la morte del presidente Cyprien Ntaryamira, vittima dello stesso incidente aereo in cui morì nel 1994 il presidente rwandese Juvénal Habyarimana. Le tensioni e le violenze che seguirono l’incidente degenerarono poi nel genocidio rwandese, i cui influssi arrivarono anche nel vicino Burundi, dove già da mesi era in corso una guerra civile, che ha fatto almeno 300 mila morti, e che ufficialmente è finita con la firma del cessate il fuoco, il 7 settembre 2006. L’accordo, però, non è mai stato realizzato del tutto.
Anzi, il 17 aprile 2008 si sono riaccesi gli scontri violenti con i ribelli delle Fnl, che hanno attaccato Bujumbura a colpi di mortaio. Sette giorni dopo, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato le violenze, chiamando le parti in causa al rispetto scrupoloso del cessate-il-fuoco del 7 settembre 2006. In precedenza aveva alzato la voce anche l’Unione africana.
Le Forze nazionali di liberazione non avevano smesso di imbracciare le armi anche a causa del rifiuto del presidente burundese Pierre Nkurunziza, al potere dal 2005, di liberare i circa 2.500-3.000 membri del gruppo armato detenuti nelle carceri del paese. Carceri che, secondo diversi rapporti di Human rights watch, sono teatri di continue violenze e torture ad opera di unità d’èlite della polizia.
La firma dell’accordo di lunedì potrebbe essere il primo passo per una pacificazione reale del piccolo paese. Il quale, tuttavia, sta attraversando un periodo anche economico davvero disastroso. [..] E le elezioni del 2010 sono ancora lontane per poter sperare in un cambiamento vero di rotta politica.
Per non trascurare, poi, tutto il problema legato alla gestione dei rifugiati. L’Achnur, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati, continua a promuovere il rimpatrio volontario in Burundi delle decine di migliaia di burundesi scappati nei paesi vicini: Rd Congo, Rwanda, Sudafrica, Zambia e Tanzania. Circa 45mila rifugiati saranno rimpatriati nel 2008. Altri 35mila sono previsti per il 2009.

Fonte: nigrizia.it

Monday, 9 June 2008

AL VIA ANCHE IN ITALIA LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE PER LA GIUSTIZIA IN DARFUR

ITALIANS FOR DARFUR lancia un appello per la consegna dei criminali di guerra al Tribunale Penale Internazionale. Testimonials d’eccezione i NEGRAMARO.


Roma, 5/6/08 – Parte oggi, anche in Italia, la campagna internazionale per la giustizia in Darfur, grazie alla collaborazione nata tra Italians for Darfur, associazione per i diritti umani in Darfur e membro della Save Darfur Coalition, e i Negramaro, una delle più importanti e note band italiane.
“Giù le mani dagli occhi – Via le mani dal Darfur” è il messaggio del video, presentato in anteprima al concerto del 31 Maggio a San Siro, attraverso il quale i NEGRAMARO rilanciano l’appello di Italians for Darfur al Governo Italiano affinchè esprima profonda preoccupazione, presso le Nazioni Unite, per la volontà del governo sudanese di non consegnare alla Corte Penale Internazionale i due principali sospettati di crimini contro l’umanità, Ahmad Harun and Ali Kushayb.

Il video vuole essere anche una denuncia del silenzio dei media sulla crisi umanitaria in corso da oltre cinque anni in Darfur, che ha provocato oltre 300.000 morti e due milioni e mezzo di sfollati: i sei componenti della band salentina, che hanno gli occhi coperti da mani non proprie, sono seduti a semicerchio davanti a un televisore non sintonizzato.Il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, riferirà oggi 5 giugno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a New York, della situazione dei diritti umani in Darfur.

Il Tribunale Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto per i due principali sospettati di gravi crimini contro l’umanità da oltre un anno, dal 27 Aprile 2007. Ahmad Harun e Ali Kushayb, rispettivamente Ministro agli Affari Umanitari e capo della milizia janjaweed, hanno a loro carico ben 51 capi di accusa per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, incluse esecuzioni sommarie, persecuzioni, torture e stupro, ma non sono stati ancora consegnati dal governo sudanese all’ autorità internazionale.

Italians for Darfur e le associazioni della Save Darfur Coalition chiedono che le Nazioni Unite adottino una nuova risoluzione affinchè il Sudan cooperi completamente con la Corte Penale Internazionale.
*Il comunicato è stato invece ripreso dalle agenzie ANSA, ADNKRONOS, APCOM, ILVELINO.

Friday, 6 June 2008

Democrazia e coca-cole

Democracy and cokes

In occasione del World Economic Forum on Africa a Cape Town, il responsabile mondiale di Coca-cola, Neville Isdell (nella foto), ha rilasciato una interessante intervista, in cui si gloria delle notevoli crescite di Coca-cola in Africa, sottolineando il fatto che la crescita del fatturato sia superiore nei regimi democratici (in particolare Sudafrica, Tanzania, Ghana), rispetto a ciò che avviene in quelli autoritari.
Sostiene soprattutto che lo sviluppo economico nei regimi oppressivi porta allo sviluppo di elementi democratici, poiché l'aumento del PIL porta all'arricchimento di un'ampia fascia della popolazione, che poi "pretenderebbe" regimi maggiormente libertari. Il ragionamento è corretto e non lo dico io ma lo aveva già chiarito a suo tempo l'emerito e geniale Amartya Sen. Solo che mentre Sen, almeno secondo la lettura della giovane ingenua che ero, vedeva lo sviluppo come mezzo per conseguire la libertà (nell'accezione di maggiori possibilità di scelta, di opportunità per gli esseri umani), il signor Isdell non nasconde di vedere positivamente l'instaurarsi di democrazie in funzione della vendita di bottigliette di liquido scuro.
Dirò una banalità, ma l'entusiasmo sfrenato per la democrazia del signor Isdell a me fa balenare qualche idea sul perché della corsa yankee alla democratizzazione del mondo... a voi no?
E soprattutto, che cosa è democrazia?
Lasciamo la parola al sig. Isdell: "I think the real qualifier for democracy to be not just a vote once, but really to take root is a functioning middle class" cioè, nella mia traduzione sbilenca, 'penso che il vero qualificatore della democrazia sia non solo il voto una tantum, ma il radicamento di una classe media che funziona'... Fantastico! Basta una classe media, ed il gioco è fatto! Un'ampia classe media che si scoli litri su litri dei preziosi liquidi della Coca-cola company!
MA, allora, non è necessaria la democrazia in senso ampio, con un minimo di propositi egualitari, basterebbe un minimo di regime stabile che dia la possibilità ad ogni abitante di uscire e di andarsi a comprare con tranquillità la sua lattina di coca (e ci voleva tanto! non serviva tirare in ballo la democrazia!).

Wednesday, 4 June 2008

Arrestato per un giorno Tsvangirai, lo sfidante di Mugabe

In questi giorni del vertice FAO, in cui alle critiche all'istituzione in sé, si sono sommate le polemiche per la presenza di Mugabe e di Ahmadinejad, è stato arrestato Tsvangirai, il vincitore del primo turno delle politiche in Zimbabwe, unica speranza di liberare il Paese dal dittatore (vedi vecchi post).

FAO a mio avviso evidentemente fallimentare, poiché la fame nel mondo è in costante aumento [non linko niente: di prove di quello che dico se ne possono trovare a iosa, statistiche su statistiche, per non parlare della crisi alimentare degli ultimi mesi, che secondo alcuni esperti può gettare nel limbo della fame 100 milioni di persone in più oltre agli odierni 850 milioni (c'è chi dice che non sia così: diciamocelo, si tratta di stronzate che si possono dire solo ai Festival dell'Economia)].

In questi giorni, dicevo, Morgan Tsvangirai, a mio avviso l'unica possibilità concreta di scalzare Mugabe, è stato arrestato ieri e liberato oggi senza alcun capo d'imputazione. Una mossa che non ha bisogno di commenti, politica nel senso più stretto del termine. E il 27 giugno, data della prossima convocazione elettorale, si avvicina.

Quattro anni di reclusione per Ibrahim Coulibaly

CÔTE D'IVOIRE - 4 giugno 2008


L’ex capo ribelle ivoriano Ibrahim Coulibaly, attualmente in fuga, è stato condannato mercoledì a 4 anni di prigione dal “tribunal correctionnel” di Parigi per un progetto di colpo di Stato in Costa d’Avorio in 2003 mirante a rovesciare Laurent Gbagbo.

La 16esima camera del tribunale di correzione di Parigi ha riconosciuto Coulibaly, 44 anni, colpevole di “direzione o organizzazione di raggruppamenti aventi per oggetti un’attività mercenaria” e l’ha condannato a 4 anni di reclusione.

Il vecchio capo ribelle è accusato dal 18 dicembre 2007 da un mandato d’arresto francese, che il tribunale ha confermato.

Questo ex-sergente-capo, sopranominato “IB” e “Major”, rischiava fino a sette anni di prigione. Aveva contestato di aver fomentato un tale progetto in agosto 2003, in una dichiarazione a l’AFP del 11 marzo, dove spiegava che non si sarebbe presentato ugualmente al suo processo.

Tredici accusati erano perseguiti in questa cartella in virtù della legge del 14 aprile 2003, che ha introdotto nel diritto penale francese il delitto di mercenariato.

Oltre M. Coulibaly il tribunale ha condannato a delle pene dai 10 mesi ai 30 mesi di reclusione altri sette colpevoli di avere organizzato il progetto del colpo di Stato. Cinque altri, dei vecchi legionari sospettati di essere dei mercenari, sono stati assolti dal delitto di “partecipazione a una attività di mercenariato.”

Tutti gli accusati erano stati interpellati in Francia a fine agosto 2003, in seguito alle informazioni pervenute alla “Direction de la surveillance du territoire” (DST) (Direzione della sicurezza del territorio)

Durante il processo, in marzo a Parigi, alcuni dei presunti mercenary avevano riconosciuto che l’obiettivo, con la giustificazione di una missione di formazione in Costa d’Avorio, era di “uccidere” Laurent Gbagbo attaccando il suo convoglio presidenziale con un lancia-missile.

Nella sua sentenza, il tribunale, presidiato da Jean-Claude Kross, ha stimato che Ibrahim Coulibaly ha finanziato la fase de reclutamento e una parte dell’operazione progettata e che le sue smentite parivano tanto più spogliate di fondamenti quanto più si sottrae alla giustizia.

L’avvocato Mamadou Diomandé, vicino a IB, e il vecchio poliziotto Paul Leonelli, considerati dall’accusa come “gli organizzatori” del progetto, sono stati condannati a 30 mesi di reclusione.

Sono stati giudicati ugualmente degli “assistenti” che hanno aggiunto un aiuto materiale o contribuito al reclutamento dei mercenari: Pierre Mas e François Leonelli sono stati condannati a 2 anni, Jean-Michel Chapuis a 18 mesi, Hassan Sakr e Daniel Pohl a 12 mesi.

I vecchi legionari e i presunti “hommes de main” (uomini di mano) Jürgen Pohl, Peter Pohl, Jacky Muliakaaka, Eric Valentin e Vea sono stati assolti dal delitto di mercenariato.

Il tribunale ha infatti notato l’assenza di un “minimo inizio di un atto d’esecuzione concreto e diretto di partecipazione ad un’azione violenta certificata”, come lo prevede questa infrazione.

Vea è stato nel frattempo condannato a 6 mesi di prigione per detenzione d’arma.


(TRATTO DA JEUNE AFRIQUE)

Monday, 2 June 2008

Esplosione vicino all'aeroporto di Mogadiscio

Secondo un rappresentante anonimo dell'Unione Africana ed alcuni testimoni, è esplosa ieri una granata a Mogadiscio vicino all'aereo del Presidente Abdullahi Yusuf, nel momento in cui egli si apprestava a decollare dall'aeroporto cittadino.

Tre in tutto le granate lanciate: una è esplosa proprio vicino all'aereo presidenziale, senza fortunatamente causare feriti.

Il Presidente si stava recando a Gibuti per partecipare alla seconda fase delle negoziazioni, iniziata sabato. Dal 12 al 16 maggio si è infatti tenuta la prima parte della conferenza di riconciliazione tra il Governo di transizione e l'opposizione.

Fonte: Jeune Afrique

Sunday, 1 June 2008

Sale la tensione anche in Sud Sudan: 50.000 in fuga da Abyei

"L'ONU esprime preoccupazione per gli scontri tra l' Esercito di liberazione del Sud Sudan (SPLA) e le Forze Armate Sudanesi (SAF), iniziati il 14 maggio, nella città di Abyei, South Kordofan, centro di un'area di confine contesa dal 2005 per la ricchezza di petrolio nel sottosuolo.
La città, secondo quanto stabilito dai protocolli di Abyei, parte del Comprensive Peace Agreement del 2005, è considerata storicamente il ponte tra Nord e Sud Sudan, ma continua ad essere contesa tra le due parti a causa del grande giacimento di petrolio della regione, nonostante i termini del protocollo siano ufficialmente condivisi. Anche dopo il nuovo accordo di cessate-il-fuoco del 16 maggio, che stabiliva l'allontanamento delle forze regolari dal centro alla periferia, gli scontri sono continuati, causando la fuga di 50.000 civili. Secondo le forze ribelli dello SPLA Khartoum avrebbe disatteso i termini dell'accordo" (Italian blogs for Darfur).
Intanto Misna comunica che "il presidente sudanese Omar Bashir ha proposto la creazione di un’amministrazione congiunta per la regione petrolifera di Abyei," proprio a causa di questi scontri. "La proposta di un’amministrazione congiunta, presentata dal National Congress (Ncp), partito di maggioranza del governo di Khartoum, “è già stata sottoposta alle autorità del sud Sudan che la stanno esaminando", secondo il presidente.