Thursday, 2 August 2007

Forza ibrida ONU-UA in Darfur

La risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 31 luglio autorizza il dispiegamento di una forza internazionale (Minuad) in Darfur. Panorama riporta che il Time attira l’attenzione dell’opinione pubblica sugli ostacoli contro i quali la più importante missione di peacekeeping della storia dell’Onu rischia di infrangersi. Il primo riguarda i limiti del mandato di questa forza internazionale, in particolare le regole d'ingaggio, molto restrittive. Ad esempio il “mandato limita i peacekeepers a monitorare – e mai a sequestrare – le armi” in circolazione tra i janjaweed. Un problema che, su scala più ampia, vede la Minuad impossibilitata ad applicare l’embargo sulle armi in Darfur. Altro limite è la natura ibrida della struttura di comando della forza internazionale: "le Nazioni Unite comanderanno e controlleranno le strutture, mentre le decisioni spetteranno a un generale dell’Unione africana”. L’ex coordinatore del Comitato di esperti Onu per il Darfur, Marc Lavergne, non nasconde le sue preoccupazioni riguardo una missione che definisce “totalmente inadeguata a questo conflitto”. Riprendendo il tiro a segno del Time, Lavergne sottolinea che “non ci sono infatti i tempi per formare soldati africani in grado di colmare le lacune dei loro predecessori. Inoltre "l’Unione africana è un’istituzione troppo giovane per gestire una missione così complicata".

“In realtà”, prosegue Lavergne, “dispiegare soldati non basta per risolvere il caso Darfur”. I nodi da sciogliere, infatti, sono due: il primo ad Arusha, in Tanzania, dove tra pochi giorni avranno inizio nuovi negoziati di pace fra i ribelli e il regime sudanese. “Purtroppo, la ribellione è ancora molto divisa e di sicuro non è disposta ad accettare una pacificazione che non offri una divisione concreta del potere”, continua Lavergne. L’altro nodo da sciogliere sta a Khartoum. “Da anni, noi esperti invitiamo la Comunità internazionale a chiudere i conti bancari all’estero della leadership militare sudanese. Parlo di quindici, massimo venti leader, a cui bisogna inoltre impedire qualsiasi sostegno finanziario e militare alle milizie janjaweed. Se non affrontiamo la crisi su questo versante, allora questa missione si rivelerà inutile”.

Ecco una photogallery sui rifugiati darfuriani, sempre di panorama.it.

È notizia di qualche ora fa (AGI) che Burkina Faso, Nigeria, Egitto, Camerun ed Etiopia sono pronti a inviare truppe in Darfur. Lo ha annunciato Said Djinnit, commissario del'Unione africana per la Pace e la sicurezza, dopo una riunione dell'organismo africano nel suo quartier generale, ad Addis Abeba. La disponibilita' a inviare uomini nella Minuad, la forza di pace 'ibrida' Onu-Ua il cui dispiegamento e' stato approvato martedi' dal Consiglio di Sicurezza, e' stata data anche da altri Paesi africani, che al momento non hanno pero' preso un impegno preciso. In particolare, il Senegal si e' detto pronto a inviare militari ma a condizione che questi abbiano regole d'ingaggio piu' chiare riguardo alla loro sicurezza.




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