Mio post sul tema su fratelli polemici
Monday, 31 August 2009
Monday, 24 August 2009
Fortress Europe
Mentre i leghisti giocavano a rimbalza il clandestino su facebook, almeno altre settanta vite sono finite tra i flutti del Mediterraneo, nonostante fossero stati avvistati da varie imbarcazioni.
L'unica cosa che i nostri "rappresentanti" ci sanno dire, è che l'Europa non ci sostiene a sufficienza.
Non si discute delle responsabilità di questa carneficina.
Approfondimenti: Fortress Europe, ASGI
L'unica cosa che i nostri "rappresentanti" ci sanno dire, è che l'Europa non ci sostiene a sufficienza.
Non si discute delle responsabilità di questa carneficina.
Approfondimenti: Fortress Europe, ASGI
Monday, 17 August 2009
Intercultura
Vorrei sgomberare il campo (va tanto di moda nella nostra città..) da un equivoco che la mia rubrica potrebbe suscitare. Prendo spunto dall'ultimo post di Linda, che recensisce un libro dell'impareggiabile Kapuściński e quindi tornare un attimo sul tema della multiculturalità e dell'interculturalità. Il post mi è piaciuto e proprio per questo vorrei richiamare la questione della relazione con l'Altro.
Quando si parla di relazione con una persona di un'altra cultura, siamo indotti a pensare (dai media, dai nostri schemi mentali e dal discorso pubblico dominante) che si tratti di una persona proveniente da un altro Paese, identificando così "cultura" con "luogo" e "provenienza".
Se ben ci pensiamo, invece, i nostri problemi di interazione con altre culture, sono dati dalla complessità del mondo che viviamo e non dall'impatto delle migrazioni sulla nostra società. Per fare un esempio, se incontro una persona che mi dice di credere fermamente nell'oroscopo, cui io non credo, dovrò necessariamente fare uno sforzo per capire per quali motivi questa persona vi creda, quali esperienze l'abbiano portata a credervi e con quali prospettive. In altri termini, il dialogo interculturale non è facile. Richiede intelligenza ed energie, che bisogna avere e, soprattutto, voler investire.
Per fare un esempio più forte, molto spesso mi capita di avere un sacco di cose in comune con donne migranti che con uomini della mia stessa città, che magari votano Lega oppure frequentano la curva dell'Hellas.
C'è spesso la cultura di genere, dunque, in gioco, ma non solo. L'espressione "cose in comune" è ancora molto imprecisa. Intendo dire che riesco a capire, a mettermi nei panni, a comprendere i processi mentali alla base delle singole scelte della migrante, in questo caso, mentre non riesco ad immaginare cosa stia avvenendo nella mente del fascista, per esempio quando mi dice che gli assassini di Tommasoli erano e sono, in fondo, dei brai butei (e, davvero, mi è capitato).
Insomma, la relazione con altre culture è dialogo ed incontro, ma molto spesso anche scontro (ed in questo non sono d'accordo con Kapuściński), da saper gestire e sfruttare, anche, saggiamente, ma non da evitare, altrimenti continueremo a rimanere culture distinte, io e quel fascista.
Non possiamo (e non dovremmo) scegliere con quali culture incontrarci/scontrarci: si tratta solo di avere in mente che di fronte abbiamo un essere umano, da trattare sempre come fine e mai come mezzo, come insegna Kant, con cui cercare di condividere dei punti di vista. Certo, questo non sempre è possibile.
Di conseguenza, se nello spazio delle questioni migranti parlerò di culture, vorrà dire che mi sono sbagliata. Non credo esista "una cultura italiana", è solo una banalizzazione della ricchezza del nostro Paese: analogamente, credo che non esista "una cultura cinese" o "una cultura albanese". In genere, preferisco parlare, appunto, di esseri umani singolarmente presi con la loro esperienza e storia di vita ed il loro personalissimo punto di vista sul mondo.
Quando si parla di relazione con una persona di un'altra cultura, siamo indotti a pensare (dai media, dai nostri schemi mentali e dal discorso pubblico dominante) che si tratti di una persona proveniente da un altro Paese, identificando così "cultura" con "luogo" e "provenienza".
Se ben ci pensiamo, invece, i nostri problemi di interazione con altre culture, sono dati dalla complessità del mondo che viviamo e non dall'impatto delle migrazioni sulla nostra società. Per fare un esempio, se incontro una persona che mi dice di credere fermamente nell'oroscopo, cui io non credo, dovrò necessariamente fare uno sforzo per capire per quali motivi questa persona vi creda, quali esperienze l'abbiano portata a credervi e con quali prospettive. In altri termini, il dialogo interculturale non è facile. Richiede intelligenza ed energie, che bisogna avere e, soprattutto, voler investire.
Per fare un esempio più forte, molto spesso mi capita di avere un sacco di cose in comune con donne migranti che con uomini della mia stessa città, che magari votano Lega oppure frequentano la curva dell'Hellas.
C'è spesso la cultura di genere, dunque, in gioco, ma non solo. L'espressione "cose in comune" è ancora molto imprecisa. Intendo dire che riesco a capire, a mettermi nei panni, a comprendere i processi mentali alla base delle singole scelte della migrante, in questo caso, mentre non riesco ad immaginare cosa stia avvenendo nella mente del fascista, per esempio quando mi dice che gli assassini di Tommasoli erano e sono, in fondo, dei brai butei (e, davvero, mi è capitato).
Insomma, la relazione con altre culture è dialogo ed incontro, ma molto spesso anche scontro (ed in questo non sono d'accordo con Kapuściński), da saper gestire e sfruttare, anche, saggiamente, ma non da evitare, altrimenti continueremo a rimanere culture distinte, io e quel fascista.
Non possiamo (e non dovremmo) scegliere con quali culture incontrarci/scontrarci: si tratta solo di avere in mente che di fronte abbiamo un essere umano, da trattare sempre come fine e mai come mezzo, come insegna Kant, con cui cercare di condividere dei punti di vista. Certo, questo non sempre è possibile.
Di conseguenza, se nello spazio delle questioni migranti parlerò di culture, vorrà dire che mi sono sbagliata. Non credo esista "una cultura italiana", è solo una banalizzazione della ricchezza del nostro Paese: analogamente, credo che non esista "una cultura cinese" o "una cultura albanese". In genere, preferisco parlare, appunto, di esseri umani singolarmente presi con la loro esperienza e storia di vita ed il loro personalissimo punto di vista sul mondo.
Tuesday, 11 August 2009
"UNAMID non è un fallimento.E’ il malandato prodotto dell’ostruzionismo del Governo sudanese e di una comunità internazionale negligente"
Sono trascorsi due anni dall'approvazione della Risoluzione 1769 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che dava il via alla missione ibrida dell' Unione Africana e delle Nazioni Unite in Darfur, Sudan (UNAMID).
In occasione del rinnovo del suo mandato, ventitrè ONG, tra cui ITALIANS FOR DARFUR ONLUS per l'Italia, impegnate da anni nella campagna internazionale in difesa dei diritti umani in Darfur, hanno stilato e sottoscritto un documento congiunto sullo stato dell'UNAMID, evidenziandone i limiti e gli interventi necessari e improrogabili per garantire una efficace protezione dei civili coinvolti dal conflitto, in corso da oltre sei anni.
Il contingente di peacekeepers, infatti, sebbene sia riuscito a garantire in alcuni casi il miglioramento delle condizioni di sicurezza in ristrette aree della regione, paga il costante ostruzionismo del governo sudanese e la negligenza e irresponsabilità della comunità internazionale, che non riesce a fornire le basilari risorse logistiche, in particolare i velivoli da trasporto, fondamentali in un'area grande quanto la Spagna.
Ma ciò non significa che non possa essere potenziato e messo nelle condizioni di ottemperare al proprio mandato. UNAMID è stato stanziato in Darfur per il lungo termine e, se la comunità internazionale è effettivamente votata a costruire una pace sostenibile in Sudan, deve allo stesso modo impegnarsi per creare un UNAMID efficace.
Negli ultimi sei mesi, alcuni barlumi di speranza hanno illuminato il potenziale impatto positivo che UNAMID può avere nella stabilizzazione della sicurezza e nella creazione di una situazione favorevole per i negoziati politici. Ci riferiamo alla forte risposta da parte dell’UNAMID alle violenze scoppiate a Muhajeria a al ruolo positivo della missione a seguito dell’espulsione di alcune organizzazioni umanitarie all’inizio di marzo.Purtroppo, questi esempi rimangono una rara eccezione piuttosto che la norma.
C’è un urgente bisogno di una chiara dimostrazione di volontà politica da parte della comunità internazionale che sostiene UNAMID. E’ il necessario ingrediente per porre fine all’ostruzionismo del Sudan e per fornire risorse indispensabili alla missione.
La comunità internazionale deve raccogliere tutta la sua determinazione per dare seguito alle promesse che riguardano l’ UNAMID e per sostenere il conseguimento della pace in Darfur.
Il rapporto completo, in italiano, delle ONG sulla missione UNAMID è disponibile sul blog di Italians for Darfur : "Building a better UNAMID"
Fonte: Italians for Darfur
In occasione del rinnovo del suo mandato, ventitrè ONG, tra cui ITALIANS FOR DARFUR ONLUS per l'Italia, impegnate da anni nella campagna internazionale in difesa dei diritti umani in Darfur, hanno stilato e sottoscritto un documento congiunto sullo stato dell'UNAMID, evidenziandone i limiti e gli interventi necessari e improrogabili per garantire una efficace protezione dei civili coinvolti dal conflitto, in corso da oltre sei anni.
Il contingente di peacekeepers, infatti, sebbene sia riuscito a garantire in alcuni casi il miglioramento delle condizioni di sicurezza in ristrette aree della regione, paga il costante ostruzionismo del governo sudanese e la negligenza e irresponsabilità della comunità internazionale, che non riesce a fornire le basilari risorse logistiche, in particolare i velivoli da trasporto, fondamentali in un'area grande quanto la Spagna.
Ma ciò non significa che non possa essere potenziato e messo nelle condizioni di ottemperare al proprio mandato. UNAMID è stato stanziato in Darfur per il lungo termine e, se la comunità internazionale è effettivamente votata a costruire una pace sostenibile in Sudan, deve allo stesso modo impegnarsi per creare un UNAMID efficace.
Negli ultimi sei mesi, alcuni barlumi di speranza hanno illuminato il potenziale impatto positivo che UNAMID può avere nella stabilizzazione della sicurezza e nella creazione di una situazione favorevole per i negoziati politici. Ci riferiamo alla forte risposta da parte dell’UNAMID alle violenze scoppiate a Muhajeria a al ruolo positivo della missione a seguito dell’espulsione di alcune organizzazioni umanitarie all’inizio di marzo.Purtroppo, questi esempi rimangono una rara eccezione piuttosto che la norma.
C’è un urgente bisogno di una chiara dimostrazione di volontà politica da parte della comunità internazionale che sostiene UNAMID. E’ il necessario ingrediente per porre fine all’ostruzionismo del Sudan e per fornire risorse indispensabili alla missione.
La comunità internazionale deve raccogliere tutta la sua determinazione per dare seguito alle promesse che riguardano l’ UNAMID e per sostenere il conseguimento della pace in Darfur.
Il rapporto completo, in italiano, delle ONG sulla missione UNAMID è disponibile sul blog di Italians for Darfur : "Building a better UNAMID"
Fonte: Italians for Darfur
Monday, 10 August 2009
Ancora sul ddl sicurezza: bimbi invisibili?
L'"informazione" fornita dal principale quotidiano locale veronese, è notorio, non può essere definita tale e nel caso del ddl sicurezza possiamo parlare di malinformazione.Mi rendo conto che la materia, nel caso specifico del ddl sicurezza, sia complessa anche per i giuristi che si occupano puntualmente di ciò, per cui non possiamo chiedere troppa precisione ai pubblicisti dell'Arena.
D'altro lato, il vero problema, di cui forse i sedicenti professionisti non si rendono conto, è che per migliaia di persone, un'articolo dell'Arena costituisce una verità incontestabile e quindi sarebbe buona norma (di buon senso, non dico giornalistica) che essi controllassero non una ma due, tre, quattro volte ogni concetto ivi espresso.
Vediamo in particolare uno degli strafalcioni sul ddl sicurezza che possono aver generato il panico, come spesso succede, nei migranti veronesi, che per loro sfortuna, si sono trovati a leggere gli articoli.
Cito da L'Arena 9 agosto, pag. 3:
"«BIMBI INVISIBILI». Con la nuova legge, per alcuni giursti c’è il rischio che i bimbi delle clandestine nati in Italia non vengano registrati, in quando limiterebbe il diritto ad un permesso di sei mesi alle puerpere, previsto dalla Bossi-Fini e perché per l’ufficiale all’anagrafe scatterebbe immediato l’obbligo di denuncia. In più, per avere una prestazione pubblica (come l’iscrizione all’anagrafe) servono il passaporto o il permesso di soggiorno, altrimenti i bambini non possono essere riconosciuti e diventerebbero così adottabili."
Vediamo invece cosa scrive il Ministero dell'Interno sulla stessa questione 2 giorni prima:
"Le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita - dello stato civile) non richiedono l’esibizione di documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto."
Quindi, in ogni caso, i bambini potranno essere registrati all'anagrafe. Se poi le persone, giustamente spaventate, non li registreranno, sarà anche merito di questo tipo di articoli.L'articolista fa confusione su molti punti:
1) Il rischio della non registrazione dei bambini deriva dal fatto che è stato introdotto, per gli atti di stato civile (matrimonio, nascita, morte) l'obbligo di presentare un titolo di soggiorno valido e non da un fantomatico limite posto al diritto di permesso di soggiorno alle puerpere.
2) In generale, la madre (e se sposati, il padre) ha diritto ad un permesso di soggiorno per donna in stato di gravidanza fino a quando il figlio compie 6 mesi: l'unico vincolo è che deve essere in possesso di passaporto. Se non ha il passaporto la Questura non può dare il permesso.
3) La circolare del Mininterno (alla pagina linkata sopra) specifica però che per la nascita e per il diritto di filiazione (riconoscimento del figlio), diversamente da altri atti di stato civile come il matrimonio, "non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto" (lasciatemelo dire: un pò di buon senso!)
4) sulla limitazione al diritto al permesso di soggiorno alle donne in stato di gravidanza, che viene rinnovato con la nascita del bimb* fino ai sei mesi di età dello stesso (e non solo alle puerpere, cioè le donne che hanno già partorito): non è stata fatta alcuna modifica all'art.19 comma 2 lettera d), che tutela la maternità e l'infanzia sulla base di principi costituzionali e di convenzioni sui diritti umani.
5) L'articolista parla solo di puerpere, quindi di donne, ma invece anche gli uomini hanno diritto a questo tipo di permesso: sulla base della sentenza della corte costituzionale 376 del 27 luglio 2000, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera "nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio", anche il marito della donna in stato di gravidanza ha diritto ad un permesso di soggiorno alle stesse condizioni.
6) rimane certo un problema, per chi, non essendo in possesso di passaporto, o non essendo informat* del suo diritto al permesso, avrà un figli* da irregolare: ella/egli potrà dichiarare il figli*, ma, in quel momento l'ufficiale d'anagrafe avrà notizia di reato (reato di clandestinità) e dovrà denunciarla. Solo le prassi operative e le circolari del ministero ci diranno cosa sarà di questi bimbi.
Scusate la pesantezza di questo post!
D'altro lato, il vero problema, di cui forse i sedicenti professionisti non si rendono conto, è che per migliaia di persone, un'articolo dell'Arena costituisce una verità incontestabile e quindi sarebbe buona norma (di buon senso, non dico giornalistica) che essi controllassero non una ma due, tre, quattro volte ogni concetto ivi espresso.
Vediamo in particolare uno degli strafalcioni sul ddl sicurezza che possono aver generato il panico, come spesso succede, nei migranti veronesi, che per loro sfortuna, si sono trovati a leggere gli articoli.
Cito da L'Arena 9 agosto, pag. 3:
"«BIMBI INVISIBILI». Con la nuova legge, per alcuni giursti c’è il rischio che i bimbi delle clandestine nati in Italia non vengano registrati, in quando limiterebbe il diritto ad un permesso di sei mesi alle puerpere, previsto dalla Bossi-Fini e perché per l’ufficiale all’anagrafe scatterebbe immediato l’obbligo di denuncia. In più, per avere una prestazione pubblica (come l’iscrizione all’anagrafe) servono il passaporto o il permesso di soggiorno, altrimenti i bambini non possono essere riconosciuti e diventerebbero così adottabili."
Vediamo invece cosa scrive il Ministero dell'Interno sulla stessa questione 2 giorni prima:
"Le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita - dello stato civile) non richiedono l’esibizione di documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto."
Quindi, in ogni caso, i bambini potranno essere registrati all'anagrafe. Se poi le persone, giustamente spaventate, non li registreranno, sarà anche merito di questo tipo di articoli.L'articolista fa confusione su molti punti:
1) Il rischio della non registrazione dei bambini deriva dal fatto che è stato introdotto, per gli atti di stato civile (matrimonio, nascita, morte) l'obbligo di presentare un titolo di soggiorno valido e non da un fantomatico limite posto al diritto di permesso di soggiorno alle puerpere.
2) In generale, la madre (e se sposati, il padre) ha diritto ad un permesso di soggiorno per donna in stato di gravidanza fino a quando il figlio compie 6 mesi: l'unico vincolo è che deve essere in possesso di passaporto. Se non ha il passaporto la Questura non può dare il permesso.
3) La circolare del Mininterno (alla pagina linkata sopra) specifica però che per la nascita e per il diritto di filiazione (riconoscimento del figlio), diversamente da altri atti di stato civile come il matrimonio, "non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto" (lasciatemelo dire: un pò di buon senso!)
4) sulla limitazione al diritto al permesso di soggiorno alle donne in stato di gravidanza, che viene rinnovato con la nascita del bimb* fino ai sei mesi di età dello stesso (e non solo alle puerpere, cioè le donne che hanno già partorito): non è stata fatta alcuna modifica all'art.19 comma 2 lettera d), che tutela la maternità e l'infanzia sulla base di principi costituzionali e di convenzioni sui diritti umani.
5) L'articolista parla solo di puerpere, quindi di donne, ma invece anche gli uomini hanno diritto a questo tipo di permesso: sulla base della sentenza della corte costituzionale 376 del 27 luglio 2000, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera "nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio", anche il marito della donna in stato di gravidanza ha diritto ad un permesso di soggiorno alle stesse condizioni.
6) rimane certo un problema, per chi, non essendo in possesso di passaporto, o non essendo informat* del suo diritto al permesso, avrà un figli* da irregolare: ella/egli potrà dichiarare il figli*, ma, in quel momento l'ufficiale d'anagrafe avrà notizia di reato (reato di clandestinità) e dovrà denunciarla. Solo le prassi operative e le circolari del ministero ci diranno cosa sarà di questi bimbi.
Scusate la pesantezza di questo post!
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