Tuesday, 22 January 2008

Cade il governo, non cade il Governo?

Government crisis and immigration

In queste ore in cui sento forte che c'è, davvero sta volta, il rischio della caduta dell'attuale Governo di centro-sinistra (sinistra fa per dire), non so esattamente se lo sgomento che provo sia legato al futuro incerto, al potenziale baratro delle 'elezioni subito', all'attuale legge elettorale o alla rabbia per la lentezza elefantiaca che ha avuto questo governo nell'approvare una nuova legge sull'immigrazione.

Cosa che deve ancora fare e che, probabilmente, non riuscirà a fare.

Altri anni di delirante 'Bossi-Fini'. Io non ci voglio neanche pensare.

Ed intanto avvengono nell'anno dell'era volgare 5508, anche storie come quella di Mamadou, clandestino prigioniero su un mercantile nel porto di Genova... e, peraltro, sembra tutt'altro che una storia isolata..

Thursday, 17 January 2008

Violenze in Kenya e colpevole silenzio della stampa italiana

Violences in Kenya

Chiedo venia della prolungata assenza, collegata alla necessità di lavorare che ogni tanto affligge anche me (anche se nessuno ci crede). Continuo a riflettere sui tafferugli e sparatorie vere e proprie che continuano ad affliggere nostri fratelli in Kenya, in particolare nello slum di Kibera.
Ciò che mi fa arrabbiare sono due aspetti della questione: che ce lo passino come un conflitto etnico, come se non vi fossero degli IMPRENDITORI ETNICI che ci marciano e fomentano le violenze; che i media italiani, dopo due giorni di martellamento, ora vivano come se tutto fosse finito.

Per quanto riguarda il primo aspetto, io penso che di etnico vi sia gran poco, direi quasi nulla, se non l'appartenenza etnica dei poveri diavoli aizzati contro altri poveri diavoli.

Il secondo aspetto invece concerne la povertà informativa istituzionale ed istituzionalizzata dei media italiani: sembra che dare notizie sia fuori moda nel nostro Paese... perlomeno è una questione fuori discussione per chi lavora nella piccola e maledetta scatola che campeggia in un po' tutte le nostre case e che viene chiamata tivù (foto AFP).

Monday, 14 January 2008

Lo stupro come arma: il Darfur è anche questo

"I could hear the women crying for help, but there was no one to help them.”

Dal 2003, inizio del conflitto in Darfur, migliaia di donne e bambine sopra gli otto anni sono state stuprate e ridotte a schiave sessuali dai miliziani janjaweed. Gli attacchi avvengono spesso mentre le donne si allontanano dai campi profughi, per le normali attività di ogni giorno, e gli stupratori sono quasi sempre in gruppo. Di ritorno al campo, le donne vengono rinnegate dalle loro stesse famiglie.Lo scopo dei janjaweed, con la complicità delle forze regolari sudanesi, è infatti umiliare, punire, controllare, e terrorizzare la comunità da cui provengono. Lo stupro diventa così un'arma e porta, oltre al trauma in sè, le mutilazioni genitali, le ferite, l'alto rischio di contrarre e diffondere l'AIDS e altre malattie sessuali.Refugees International ha ora rilasciato "Laws Without Justice", un dossier sull'accesso ai servizi legali delle vittime di stupro in Sudan: ne emerge un quadro dalle tinte fosche, in cui le donne sono vittime due volte.Un chiaro esempio è il rischio, per la donna che denuncia le violenze ma che non riesca a provarle, di essere accusata di "zina", adulterio: la pena è morte per lapidazione per le donne sposate o centinaia di frustate per chi non lo sia.Anche il ricorso alle cure mediche fornite dalla ONG presenti in Darfur risulta difficile e rischioso. Le ONG sottostanno alle rigide regole del Governo per continuare a operare nel terriorio, nonostante intimidazioni e attacchi, e perdono così molta della fiducia delle vittime, costrette spesso a compilare un modulo di denuncia che le espone ai rischi della giustizia sudanese.Queste sono solo due delle conclusioni a cui sono giunte le analisi della Refugees International.
Il resto lo trovate qui.Link: "Darfur Advocacy Agenda": come fermare la violenza sessuale in Darfur.

Fonte: Italian Blogs for Darfur