Thursday, 7 September 2006

Nestlé e fair trade

Scusate se me ne esco con
una storia di un anno fa, ma
ritengo sia il caso di rinnovare
l'appello su questa tematica.
Nell'ottobre 2005 Nestlé

ottiene il marchio dalla Fair
Trade Foundation per un suo
prodotto, il caffé istantaneo
NESCAFE Partners’ Blend.
Ora, dati i precedenti della

multinazionale svizzera, ciò
ha provocato indignazione in
molti enti della società civile,
in particolare i diretti interessati
dall'azione: il mondo del commercio
equo e solidale.
Da anni Nestlé è ritenuta colpevole di violazioni ripetute del codice dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sui sostituti del latte materno, dato che rifila alle madri del Sud del mondo il suo latte in polvere per i neonati (pratica oltremodo dannosa per il bambino e vietata, appunto, da questo codice).
Nestlé, inoltre, nel 2003 chiede all'Etiopia 6 milioni di dollari, per una causa che inizia nel 1975. In breve, in quell'anno l'Etiopia nazionalizza una fabbrica tedesca dello Schweisfurth Group, dopo un colpo di stato militare. Comincia una battaglia legale lunghissima, che dura per quasi trent'anni, in quanto il Gruppo vuole riottenere dal Governo i danni di questa azione coercitiva. Nel frattempo Nestlé rileva Schweisfurth. Nel 2003 gli avvocati del Governo etiope offrono come compromesso la cifra di 1,5 milioni di dollari, ma Nestlé rifiuta l'offerta e chiede il quadruplo di quella cifra, cioè un indennizzo di 6 milioni di dollari ad uno degli stati più poveri del mondo. È bene tenere presente che un solo anno di vendite realizzate da Nestlè è pari a 8 volte il Prodotto interno lordo dell'Etiopia, che tra l'altro attraversa una carestia terribile in quel periodo.
Altro problema da risolvere con la presunta 'equità' e 'solidarietà' dell'azienda è l'omicidio, nel settembre scorso, di Diosdado Fortuna, presidente del sindacato Nestle-Cabuyao nelle Filippine. Diosdado, impiegato presso la piantagione di Cabuyao-Laguna, una delle più grandi della Nestlè di quello stato, era un rappresentante sindacale fortemente impegnato nello sciopero ad oltranza che da gennaio 2002 vede i lavoratori della piantagione protestare contro Nestlè per il mancato riconoscimento dei diritti relativi alla pensione.

Nell'ottobre 2005 Nestlé ha richiesto ed ottenuto il marchio fair trade per il suo caffé istantaneo. Solidale ed equo, dimenticavo. Possiamo davvero dire che Nestlé produca un caffé equo e solidale? Ma ha senso che un'azienda, non-equa e non-solidale, possa essere insignita di tale marchio, solo per un (dico uno) prodotto che rispetta le regole ed aiuta i contadini?? Tutto dipende da cosa intendiamo per fair-trade. Il significato di fair trade, almeno fino all'ottobre scorso, era la trasparenza di filiera e del rispetto dei diritti umani da parte di tutta l'azienda ed in tutto il processo di lavorazione. Non si poteva dire 'questo prodotto sì, questo no'. Non bastava un tocco di make-up (pubblicitario?) per ottenerlo.
A meno che non vogliamo salvare Sodoma a Gomorra, città di peccatori, per un solo giusto che vi si possa trovare all'interno. Ritengo non sia il caso di applicare la morale biblica, ma le regole e la filosofia che stanno alla base del concetto di fair-trade. Che è stato tradito.

Guardate come se ne gloriano sul loro sito...

Wednesday, 6 September 2006

informazione televisiva italiana in Darfur


Trovo importante l'iniziativa dell'Italian blogs for Darfur...
La situazione in Darfur, nel Sud-Ovest del Sudan, è una delle 4 più importanti che oggi affliggono l'Africa (insieme ad Uganda, Costa d'Avorio e RD Congo) e a cui l'informazione italiana non dedica uno spazio idoneo.
Un conflitto che nasce nel 1983, tra il governo del Nord, con capitale a Khartoum, arabo e a maggioranza musulmana e il Sud, a maggioranza nera, di religione cristiana ed animista. Dal 2003 riprendono le violenze nella regione del Darfur, con la contrapposizione della maggioranza nera alla minoranza araba. Khartoum sostiene quest'ultima, maggioritaria nel paese, ed è accusato di appoggiare le feroci scorribande della tribù nomade-guerriera dei Janjaweed, anch'essa di origine araba.
Il 5 maggio scorso ad Abuja (Nigeria) è stato firmato un accordo tra governo e il Movimento di Liberazione del Sudan, uno dei 3 gruppi di ribelli. Ciò ha creato un inasprimento del conflitto, anche a causa dell'insoddisfazione degli altri due gruppi ribelli.

I Janjaweed hanno effettuato continue incursioni contro la popolazione civile ed hanno anche ucciso 12 operatori dell'ONU.
In tutto questo tempo, i telegiornali italiani costruiscono i loro notiziari come se tutto ciò quasi non esistesse. Nel 2005 è stata dedicata poco più di un'ora al Darfur...


Firmate su http://www.itablogs4darfur.blogspot.com/