Monday 29 October 2007

Sudafrica: ucciso Lucky Dube

articolo di Marco Boccitto, tratto da ilmanifesto.it
Sta provocando forti reazioni in Sudafrica l'assassinio del cantante Lucky Dube, avvenuto nella serata di giovedì 18 c.m. a Johannesburg. Un delitto eccellente che fa registrare anche un salto di qualità nel dibattito sull'emergenza criminalità, già infiammato da stime che parlano di 50 omicidi in media al giorno nel paese. E il prezzo più alto lo paga la gente normale - più o meno povera -, visto che i ricchi sempre più ricchi vivono asserragliati nei loro fortini. Musicista, compositore e frontman 43enne, molto amato in patria ma assai popolare anche nel resto del mondo, Lube è stato ucciso mentre percorreva una strada di Rosettenville alla guida della sua Chrysler grigia, accompagnato dai due figli adolescenti. Quando si è reso conto di essere sotto tiro sarebbe riuscito a rallentare e a spingere fuori dall'abitacolo i figli. Raggiunto da almeno due proiettili, ha tentato di ripartire ma la sua corsa è finita dopo pochi metri contro un albero. La polizia parla di un maldestro tentativo di rapina finito in tragedia. Tra i primi a reagire, piangendo «l'uomo e il musicista rinomato in tutto il mondo», il presidente Thabo Mbeki, in partenza per Parigi dove oggi sosterrà la nazionale sudafricana di rugby nella finale mondiale contro l'Inghilterra. «Ci prepariamo a festeggiare la vittoria degli Springboks - ha detto - ma dobbiamo anche sentirci afflitti per la morte di un sudafricano così rappresentativo». Duro l'Inkatha Freedom Party con il governo, reo di «apatia» e di non voler «ammettere le dimensioni e la gravità del problema». Va oltre l'African christian democratic party, che chiede di ripristinare la pena di morte, dimostrando di tenere in scarsissima considerazione lo spirito non-violento che animava le canzoni di Lucky Dube. Parole di commozione e sdegno arrivano invece dall'African national congress e dalla Democratic alliance. Un comunicato del ministero dell'arte e cultura lamenta la «perdita monumentale, che segna un triste giorno nella storia di questo paese». La confederazione sindacale unitaria parla di «oltraggio e raccapriccio», il Pan African Congress di «shock e rabbia».
Lucky Dube era nato il 3 agosto 1964 in una Johannesburg stretta nella morsa dell'apartheid e del Group areas act, che permetteva alle autorità di deportare i neri nelle zone più sfavorevoli e di murarli all'interno. Poco dopo la nascita, quando fu chiaro che le sue precarie condizioni di salute non lo avrebbero portato alla morte prematura sentenziata dai medici, cominciarono a chiamarlo lucky, «fortunato». Gli esordi, all'inizio degli anni '80, sono all'insegna dei ritmi mbaqanga, la musica pop delle townships. Nell'85 la svolta dell'impegno e del reggae: l'album Rastas never die viene bandito dal regime di Pretoria, ma Dube diventa un'icona fuori e dentro l'Africa, un simbolo della musica sudafricana in lotta contro l'apartheid. Con 20 album all'attivo, alcuni epocali come Slave e Prisoner, una certa somiglianza stilistica con Peter Tosh e la tendenza ad esaltare piuttosto il lato sociale del rastafarianesimo, trascurando l'afflato mistico, Lube terrà testa con la sua musica (l'ultimo disco, Respect, è del 2006) all'ondata di nuove tendenze, dal kwaito al rap, che caratterizzano la scena sudafricana post-apartheid e segnano il tempo nelle strade del paese.

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