Monday 26 October 2009

Duecento clandestini che oggi entrano nelle acque italiane

Quando leggo articoli del genere mi faccio un sacco di domande cui preferei non rispondere.

Vorrei capire perché delle persone, che io e il diritto definiamo migranti, perché sono persone che stanno migrando, vengono definite dai giornalisti clandestini.

Mi piace pensare che sia per ignoranza, perché non sanno che quelli, tecnicamente, non sono ancora clandestini.

Temo invece che si tratti di un errore malizioso, teso a creare allarme e senso di insicurezza nel lettore che ingenuamente legge l'articolo.

Mi disgusta l'idea che dei grassi giornalisti nati dalla parte fortunata del mondo abbiano l'ardire e la faccia tosta di etichettare dei disperati come clandestini, come persone la cui vita è clandestina (mentre, al limite, si tratta di persone che fanno ingresso in Italia senza i documenti necessari).

Tuesday 20 October 2009

Tsvangirai esce dal governo


È rottura tra il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, e il primo ministro, Morgan Tsvangira. Il premier ha sospeso i lavori del governo di unità nazionale, finché non saranno interrotti gli abusi commessi nei confronti dei militanti del suo partito. A far scoppiare il caso, l'arresto, mercoledi, del deputato Roy Bennett.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo l'arresto in Zimbabwe, mercoledì 14 ottobre, di Roy Bennett, il primo ministro Morgan Tsvangirai ha sospeso la partecipazione del proprio partito al governo di unità nazionale, formato insieme al presidente Robert Mugabe.

Mugabe «non è degno della mia fiducia» ha dichiarato Tsvangirai. L'arresto di Bennett dimostra che «il nostro movimento non dispone di un partner affidabile», ha aggiunto il primo ministro.

Roy Bennett, tesoriere del Movimento per il Cambiamento Democratico del premier Tsvangirai, designato Vice Ministro dell'Agricoltura, è stato di nuovo arrestato dopo che un tribunale ha deciso di procedere con le accuse di terrorismo mosse contro di lui, ancora nel febbraio scorso.

Esponente della classe di proprietari terrieri bianchi, che, nel paese, si è vista requisire le terre, con la riforma agraria del presidente Robert Mugabe, Bennett si trovava in esilio in Sudafrica. Quando è tornato nel paese per prendere parte alla cerimonia di insediamento del governo, il 13 febbraio scorso, è stato arrestato. Da allora entra ed esce di galera.

Tsvangirai ha dichiarato che fermerà ogni attività di governo, finché gli attacchi compiuti contro il suo partito non cesseranno.
Esercito, polizia e giudici rimangono infatti saldamente ancora nelle mani dello Zanu Pf del presidente Mugabe, mentre sono sempre più numerosi i processi imbastiti contro i deputati del Movimento per il Cambiamento Democratico.

Le accuse spaziano dallo stupro, al furto e dal terrorismo, al disturbo della quiete pubblica. Quest'ultimo caso, in particolare, riguarda l'arresto, il 9 agosto scorso, di 10 deputati che stavano andando al ministero delle Finanze per un incontro. Il gruppo era da pochi minuti in attesa di parlare con il ministro, quando 7 poliziotti armati sono arrivati ad arrestarli.

Casi simili continuano a ripetersi, nonostante l'accordo siglato tra tutti i partiti al governo, abbia offerto al regime di Mugabe la "riabilitazione", con lo scongelamento dei fondi destinati a soccorrere l'economia del paese, ormai al collasso. Pochi giorni fa, la stessa Gran Bretagna, nemico numero uno del presidente Mugabe, ha annunciato lo stanziamento di 100 milioni di dollari in favore del paese.

Ma la strategia dello Zanu Pf appare essere sempre più chiara: erodere il potere del premier, tentando di far decadere dalla carica i pochi seggi di vantaggio che il Movimento per il Cambiamento Democratico detiene in parlamento. Con una condanna a sei mesi di carcere, un deputato è costretto, infatti, a dimettersi dal proprio incarico.

Fonte: nigrizia

Monday 19 October 2009

17 ottobre: NO al razzismo

Sabato 200.000 manifestanti e quasi 500 associazioni si sono riuniti a Roma per dire NO ad ogni razzismo e forma di discriminazione dei migranti nel nostro Paese.

Il 7 ottobre 1989 si è tenuta a Roma la prima manifestazione contro il razzismo e per i diritti dei migranti.
Il 24 agosto dello stesso anno, infatti, a Villa Literno era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo: il primo omicidio di stampo razzista della storia della Repubblica.

A vent'anni di distanza, il razzismo non solo non è stato sconfitto, ma è penetrato nel discorso pubblico e nei linguaggi privati, negli atteggiamenti e nei comportamenti ormai dati per scontati di tanta parte del Paese.

L'intolleranza sta purtroppo diventando un habitus mentale molto diffuso in Italia, e certo non solo quella nei confronti di migranti ma anche di omosessuali, transessuali e in generale di GLBT.

L'intolleranza non viene solo dal basso, ma anche da chi ci governa, che anzi guida e capeggia questo tipo di comportamenti ed atteggiamenti indegni dell'esser umano.
I governanti esacerbano il potenziale conflitto interculturale, senza offrire reali vie di convivenza costruttiva, con misure legislative quali il pacchetto sicurezza, con l'ultima "perla" della Legge 94.
Vedo spesso sorgere, intorno a me, anche modalità impreviste e normali di convivenza serena e sono quelle che più fanno sperare.

Fonti: il Messaggero, Atlantide, il Manifesto.
Approfondimenti: Carta.

Monday 12 October 2009

CAP ANAMUR: ASSOLTO L’INTERVENTO UMANITARIO


L'ASGI esprime la propria piena soddisfazione in relazione alla sentenza di assoluzione con formula piena “perché il fatto non costituisce reato” assunta dal Tribunale di Agrigento nell'udienza del
7 ottobre 2009 nei confronti del presidente dell’associazione umanitaria Cap Anamur Elias Bierdel, del comandante della nave omonima Stefan Schimdt e del primo ufficiale Vladimir Dachkevitce, imputati di agevolazione dell’ingresso di clandestini, dopo avere soccorso, con la nave Cap Anamur nel giugno 2004, 37 naufraghi alla deriva cento miglia a sud di Lampedusa.

In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, va comunque subito rilevato che, dopo anni di indagini e dopo l’ audizione di numerosi testimoni, le accuse formulate dalla Procura di Agrigento sono risultate destituite di ogni fondamento. E’ caduta l’ iniziale ipotesi accusatoria della forzatura del blocco navale che era stato imposto alla nave Cap Anamur, tenuta per due settimane al largo delle coste siciliane per decisione del Governo italiano, ed è, invece, emersa la situazione di stato di urgenza e necessità, determinata a bordo della nave da una così lunga permanenza dei naufraghi, ai quali venivano impediti lo sbarco e la possibilità di far valere la loro richiesta di asilo o di protezione umanitaria.

Il periodo di tempo trascorso tra l’ azione di salvataggio e la richiesta di attracco della nave Cap Anamur a Porto Empedocle non era certo imputabile ad una scelta nell’interesse personale dei responsabili della nave, o alla ricerca di un profitto ( il cd. dolo di profitto), ma ai ritardi derivanti dalla querelle diplomatica tra i Governi dell'Italia, della Germania e di Malta sull'individuazione del porto sicuro in cui far sbarcare i naufraghi ed accogliere le richieste di asilo che erano state formulate al comandante della nave.

L'ASGI auspica che la sentenza del Tribunale di Agrigento possa costituire un importante precedente che permetta di fare chiarezza sulla radicale differenza che c'è, sul piano giuridico ed etico, tra il favoreggiamento dell'immigrazione irregolare da parte di organizzazioni che lucrano sulla terribile condizione di bisogno dei migranti, e, sul versante del tutto opposto, le doverose azioni di salvataggio dei naufraghi sancite da tutte le Convenzioni sulla sicurezza della vita in mare.

Chi effettua salvataggio in mare non commette nessun reato e il comandante è l’unica persona che può individuare il porto sicuro, anche da un punto di vista giuridico, per lo sbarco. Il messaggio chiaro che emerge dalla sentenza agrigentina è che gli Stati devono rispettare il Diritto Internazionale del Mare, che vieta anche il respingimento collettivo, nonché il divieto di refoulement sancito dalla Convenzione di Ginevra.

L'ASGI auspica che i prossimi interventi di salvataggio non siano più soggetti a minaccia di sanzione penale e che ciò incoraggi anche i mezzi civili ad interventi di salvataggio più tempestivi, senza lasciare naufraghi in mare, a morire di inedia per settimane, come è successo tragicamente troppe volte nel Canale di Sicilia.


Fonte: www.asgi.it

Monday 5 October 2009

Misteri sui fondali

di Michela Trevisan
Il ritrovamento, il 12 settembre scorso nelle acque calabre al largo di Cetraro, del relitto della Cunsky, ha riportato a galla l’affare delle decine di navi cariche di rifiuti tossici sepolte nel Mediterraneo. E non solo. Anche nelle coste africane. Ecco allora riemergere dal passato anche il delitto, ancora irrisolto, dei giornalisti Alpi-Hrovatin a Mogadiscio, legato anch’esso a traffici illeciti.

Il pericolo esiste, e da tempo, se è vero quanto affermato nel 2005 da Francesco Fonti, pentito della ‘ndrangheta che ha raccontato d'aver personalmente affondato tre imbarcazioni cariche di veleni (e probabilmente anche di materiale radioattivo) nei primi anni '90. Una di queste è con tutta probabilità proprio la nave rintracciata nel mare di Cetraro, nel cosentino.

Sono passati dieci giorni da quando, su sollecito della Procura della Repubblica di Paola, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpacal) ha filmato il relitto. Lo ha fatto a proprie spese, dopo che per ben quattro mesi le richieste d'aiuto inoltrate a Roma dall'assessore all'Ambiente della regione Calabria, Silvio Greco, erano cadute nel vuoto. E anche adesso che la nave è stata trovata e filmata, nessuno si muove.

Eppure il rischio di contaminazione ambientale è altissimo, le industrie della pesca e del turismo sono praticamente bloccate e la popolazione è spaventata.Perché quella trovata dal robot sottomarino a Cetraro, rischia di non essere l'unica "nave dei veleni" pronta a disperdere il proprio carico.

Nel 2005, infatti, Fonti disse anche di essere a conoscenza di almeno una trentina di altri affondamenti di navi cariche di rifiuti tossici fra Tirreno, Ionio e basso Adriatico, avvallando così parte dei contenuti dell'inchiesta "Navi a perdere", avviata nel 1994 dall'attuale Sostituto Procuratore generale della Corte d'Appello di Reggio Calabria, Francesco Neri. Inchiesta passata nel '96 alla Direzione distrettuale antimafia che la archiviò quattro anni dopo, proprio per il mancato ritrovamento delle imbarcazioni cariche di scorie e affondate nel Mediterraneo.

Fonti parla anche delle complicità della politica nella gestione di questi traffici. Politica che ancora oggi si fa timidamente sentire, non attivandosi con forza nel volere risolvere i tanti misteri affondati in mare.
Misteri che legano questa inchiesta anche alle morti, in Somalia, nel marzo del 1994, della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, e del suo operatore Miran Hrovatin, in circostanze che restano oscure.
Un'indagine che interessa ‘ndrangheta, servizi segreti e politici, e che potrebbe finalmente spiegare il perché di un ventennio di morti "accidentali", di insabbiamenti e depistaggi.

A questa intricata vicenda Afriradio ha dedicato "Le navi dei veleni: dall'Italia alla Somalia", una puntata speciale di Focus alla quale hanno preso parte il magistrato Francesco Neri, il giornalista di Famiglia Cristiana Luciano Scalettari e il collega de L'Espresso Riccardo Bocca (tra i primi a raccogliere le dichiarazioni del pentito Francesco Fonti e ad occuparsi dell'intera vicenda) e l'ex membro della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, l'ex parlamentare dei Verdi, Mauro Bulgarelli.


Fonte: nigrizia