Wednesday 23 April 2008

Pirati somali tentano di attaccare una petroliera italiana


La Marina militare ha sventato l'attacco ad un cargo italiano
FABIO POZZO
È una guerra navale. Si sta combattendo nel Golfo di Aden, nell’Oceano Indiano tra lo Yemen e la Somalia. I «cattivi» sono i nuovi pirati, feroci e armati sino ai denti. Ex combattenti dei «signori della guerra» somali, che per 10 dollari sono pronti ad assaltare, depredare, catturare pescherecci d’altura, cargo e navi da crociera. E a sequestrare, e in alcuni casi seviziare e uccidere i loro equipaggi.

L’ultimo attacco è di ieri, ma per fortuna è stato sventato dalla nostra Marina militare, che è presente con due unità in queste acque pericolose. I pirati avevano puntato la prua dei loro fuoribordo, cinque barchini veloci (raggiungono le acque internazionali con una «nave madre», più grande, da cui si staccano per sferrare l’arrembaggio), sulla «Neverland», una petroliera di 239 metri col tricolore a poppa, della Finaval di Roma (una delle più attive compagnie europee nel trasporto di prodotti energetici, 13 navi, che fa capo a Giovanni Fagioli) e diretta a Sikka in India. Si stavano avvicinando, ma la loro manovra è stata intercettata dal «Comandante Borsini», il pattugliatore d’altura che insieme al rifornitore di squadra «Etna» sta svolgendo la campagna di sorveglianza marittima. La nave militare, con l’ausilio di un elicottero, ha tagliato la rotta ai corsari, che hanno preferito desistere e darsi alla fuga verso terra (in acque territoriali, dove le unità da guerra possono intervenire solo se autorizzati dalle autorità somale).

Un successo, per la missione della Marina (Medal ‘08; 340 persone al comando del capitano di vascello Giorgio Gomma), che ha preso il largo il gennaio scorso e che avrà termine a fine maggio. E che segue all’operazione Mare Sicuro del 2005 quando, sulla scorta degli assalti - mancati - ai mercantili «Jolly Marrone» dei Messina e «Cielo di Milano» della società D’Amico, l’allora ministro della Difesa Antonio Martino, sollecitato da Confitarma (la federazione degli armatori), dispose che i cargo italiani fossero scortati da navi militari nei luoghi più «caldi», come appunto il Golfo di Aden. «Gli altri sono gli stretti di Malacca, il Golfo di Guinea, i Caraibi e le coste del Venezuela e Brasile» spiega Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della Navigazione a Bari Bari ed esperto mondiale di pirateria moderna.

E’ stata vinta, però, solo una battaglia. Gli «Jin del mare», l’altroieri, hanno assaltato lungo la costa somala un piccolo cargo di Dubai, che è stato «liberato» ieri da un commando delle forze di sicurezza della regione del Puntland (c’è stata una sparatoria, si parla di tre feriti); sempre l’altroieri è stato il turno di una petroliera giapponese, a colpi di lancia-granate: l’attacco è stato sventato dall’intervento di una nave da guerra tedesca, che stava pattugliando la zona. E sono ancora nelle mani dei nuovi «filibustieri» i 26 membri d’equipaggio del peschereccio basco «Playa de Barko» sequestrati domenica scorsa: la Spagna ha inviato una fregata militare in loro soccorso. E poi, c’è il «Ponant», il veliero francese, il cui equipaggio è stato liberato dopo una settimana in mano ai pirati dietro il pagamento di un riscatto di 2 milione di dollari. «Sono stati 31 gli attacchi di pirati somali nel 2007 e quest’anno già nove da febbraio - dice Carnimeo -. Mentre nel mondo, grazie anche alle azioni di contrasto, nel complesso gli assalti stanno diminuendo, nel Goldo di Aden sono in aumento. Le cause? Tanti ex combattenti senza ingaggio, tante armi, e tanta povertà. Oltre all’impunità, di cui questi fuorilegge del mare godono grazie al mancato controllo del territorio da parte delle autorità locali».

Fonte: lastampa.it

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