Saturday 28 October 2006


ACCUSE DI OXFAM: ANCORA CAFFÈ CHE PUZZA DI MARCIO
STARBUCKS ESERCITA PRESSIONI CONTRO IL BREVETTO DEL CAFFÈ ETIOPE


Due giorni fa l’Organizzazione Umanitaria Britannica OXFAM ha accusato la potente multinazionale del caffè Starbucks di ostacolare il brevetto di pregiate qualità di caffè, Sidamo ed Harar, da parte del governo etiope.
Starbucks nasce nel 1975 negli USA e la sua fortuna è basata sulla vendita di pregiati e svariati tipi di caffè. Si ingrandisce negli anni Ottanta e diventa marchio su scala globale negli anni Novanta. Nel 2000 lega il suo nome al marchio Fair Trade, al fine di divulgare l’immagine di azienda etica, che presta attenzione alle modalità di acquisto delle materia prime, assicurando l’assenza di sfruttamento in tutta la filiera produttiva. Nel 2005 ha donato più di 1,4 milioni di dollari a organizzazioni non profit.
Giusto per dare una misura dei rapporti di sfruttamento della manodopera locale, tra le qualità di caffè etiopi prodotte da Starbucks risulta anche Sidamo, che costa ben 50 dollari al chilo all’utente finale, di cui solamente 2,40 arrivano ai contadini etiopi. La cosa che non mi fa dormire di notte è che questo tipo di rapporti è considerato, di per sé, normale e praticamente legittimo da parte degli abitanti dei paesi occidentali. Anzi, devo sottolineare anche che Starbucks ha pagato ai contadini etiopi il 23% in più dei prezzi di listino medio per quelle qualità di caffè.
Nel 2005 l’Etiopia ha fatto domanda di registrazione dei marchi di Sidamo, Harar e Yirgacheffe, tre delle più pregiate qualità di caffè nazionali, presso l’ufficio brevetti americano Uspto, ma Starbucks ha bloccato il brevetto dei primi due. Il riconoscimento del brevetto per Harar e Sidamo avrebbe portato nelle tasche dei contadini ben 88 milioni di dollari in più.
Il fatto è che il presidente dell'organizzazione per i diritti di proprietà intellettuale Light Years Ip riferisce che il marchio Sidamo era già stato depositato da Starbucks nel 2004, per lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale.
Il blocco della concessione del marchio sarebbe stato messo in moto dall’Associazione Americana del Caffè (NCA); secondo OXFAM, invece, è proprio Starbucks ad istigare il blocco della concessione del brevetto.
L’americana Starbucks smentisce le accuse di aver "presentato un'opposizione alla richiesta del governo etiope sul marchio di fabbricazione". Smentisce anche recisamente di aver ispirato il tentativo di blocco avvenuto da parte di NCA presso l’ufficio brevetti americano USPTO.
Robert F. Nelson, capo di NCA, appoggia Hay, vicepresidente di Starbucks, dicendo che NCA è stato consigliato di azionare il blocco da una terza parte.
OXFAM apprende invece da varie fonti che Starbucks è coinvolta nell’azione di allerta di NCA per il blocco della richiesta etiope.
La risonanza mediatica delle campagne portate avanti da OXFAM potrà essere un buon modo per uscire dall’impasse in cui versa la battaglia legale.
Starbucks nell’ultimo anno ha avuto un fatturato di 6,1 miliardi di dollari, circa tre quarti del prodotto interno lordo del paese africano e nello stesso periodo ha incassato profitti per 3,7 miliardi di dollari. Ciononostante si impegna in una battaglia legale contro il governo africano per continuare ad esercitare velleità illegittime sui preziosi chicchi di caffè, di proprietà legittima del governo etiope e degli etiopi.
La cosa che va sottolineata è che ancora una volta questo tipo di attacchi ai diritti dei popoli del Sud del Mondo viene portato avanti da un’azienda che si è fregiata del titolo di impresa eticamente responsabile. Sì, finché non conviene qualcos’altro.

1 comment:

Anonymous said...

hi, new to the site, thanks.